La Porta del Frigo

Marco Vinicio Masoni, Bruno Vezzani


La Porta del Frigo - Marco Vinicio Masoni, Bruno Vezzani

pagine 99

12,00 euro

2006

Unipress, Padova


presentazione di Alessandro Salvini

Caro Lettore con questa presentazione mi inserisco nella discussione tra due nocchieri, non solo dediti alla navigazione d'altura, ma anche cartografi, per scienza oltre che per necessità. Due marinai solitari ("ognuno con sé e dio per tutti") che ad un certo punto sentono il bisogno di affrontare i propri dubbi, confessando i loro rovelli, cercando di convincere l'interlocutore: che è sempre il modo migliore per esorcizzarli. Quindi immàginati due marinai a vita, che in mezzo all'oceano accostano gli scafi, confrontano le carte, e si mettono a discutere di una cosa importante, di cui non è lecito parlare e che ogni accademia dà per certo ed ‘evidente'. Il problema che i due si sussurrano - anche in mezzo al mare non è lecito parlarne - è se esista l'arcipelago delle "cose certe". Arcipelago riportato in modo diverso sulle le carte nautiche. Il primo nocchiero Marco Vinicio Masoni sostiene che le carte sono la trascrizione di tentate soluzioni, metafore grafiche, espedienti illusori, racconti di racconti, e che la verità è transitoria, e la sua esistenza è possibile solo nell'arcipelago dei paradossi. L'altro nocchiero, Bruno Vezzani, sostiene invece che "le carte sono mere rappresentazioni e le mappe non sono il territorio; solamente se si accetta la carta nautica che possediamo come finzione della ragione e con spirito ermetico e pragmatico, essa ci aiuta a trovare la terra che cerchiamo, anche se è diversa da come la gente pensa che sia".

Caro lettore ho scelto di scrivere questa introduzione, pensando di indirizzarla ad uno studente, o meglio ad un apprendista, non importa l'età e lo status professionale. Tutti quanti al chiarore dell'alba, svegliandoci, spesso, ci ritroviamo improvvisamente apprendisti. Il dubbio assale, la trasparenza dell'aria rende le cose troppo definite e complicate. La speranza è che qualcuno da qualche parte sappia come stanno effettivamente le faccende della vita, e ci indichi cosa e come fare, e soprattutto semplifichi il caos, metta ordine nell'incertezza e faccia coincidere la realtà con le parole. Qualcuno da Parmenide a Wittengstein, come ci ricorda Masoni, ci ha già detto che la conoscenza coincide con il linguaggio e il mondo che per suo tramite vediamo è un'invenzione. Preoccupati come Alice ci chiediamo "Che ne sarà del nostro nome se entriamo nel bosco delle cose che non hanno nome?" Vezzani è ottimista e, come la Regina, sostiene che solo chi ha potere può definire la realtà, facendola esistere e rendendola praticabile ed utile.

Gentile lettore immaginandoti perso nel mare dell'indefinito, suppongo che a questo punto tu alzi il volume della tua radio di bordo. I due, Vezzani e Masoni, non stanno parlando di rovelli personali, discutono della loro esperienza, ma guarda caso, se hai orecchio e occhio, stanno parlando anche delle tue carte nautiche.

Forse questa introduzione è superflua, immagino che tu sia impaziente. E' per questo motivo che la maggioranza salta le introduzioni o le prefazioni, e della cosa nessuno ha mai trovato da ridire. Pur essendo tra coloro che abolirebbero questa pratica nelle sue forme rituali e ornamentali, l'introduzione può essere un accessorio utile, un po' come la cornice a certi quadri. Serve a meglio delimitare lo sguardo, ad orientarlo verso le prospettive del dipinto. Caro lettore, ti dico subito che se non sei un marinaio, se non sei più che dentro a certi problemi, forse troverai ermetici gli argomenti di cui discutono due Autori. Per esempio, se sei un seminarista, uno studente di materie psicologiche, anziché un apprendista mozzo su navi filosofiche o sociologiche, potresti rimanere deluso, per le poche parole che richiamano il tuo lessico specialistico (per esempio il termine "gruppo"); quelle stesse che potrebbero fuorviarti e non farti capire che, tacendole, si può parlare molto di più di "conduzione" e "terapia", di procedure tecniche, di valutazioni o di diagnosi. Poche e dense pagine, più lievito che pane, adatte più all'arte del fornaio che alla ristorazione.

Bruno Vezzani e Marco Vinicio Masoni, si sono scritti delle lettere, ne hanno fatto un libro, o hanno generato un libro scrivendosi delle lettere, ma la cosa non ci riguarda. Quello che ci interessa è di capire a cosa può servire ascoltarli e pensare e immaginare quello che si dicono. Forse leggere queste poche pagine è un antidoto alle forme d'intelligenza artificiale che tracimano da internet e dagli infaticabili laboratori per le carriere accademiche, dai libri sull'autismo infantile, o che a grandi gocce trasudano deprimenti da qualche rispettabile articolo. Pur essendo scritte da due esperti professionisti, in queste lettere si parla poco di psicologia, termine il cui abuso relega spesso l'intelligenza al domicilio coatto, come la parola psichiatria consegna le passioni umane al trattamento sanitario obbligatorio.

Questa singolare corrispondenza provocherà in Te lettore un sano disorientamento, aumentando la probabilità di farle scoprire le meraviglie del post-moderno. Ciò che non si sa non lascia vuoti nel mondo, e quello che si conosce bene impedisce di vedere altro. Se questo è vero, è opportuno dare una scrollatina al caleidoscopio dei nostri saperi e pensieri. E' raccomandabile una paziente e divertita lettura. L'aria che si respira è frizzante, gli Autori, nonostante la loro posizione di psicologi, scrivono un ottimo italiano: condizione dimenticata, ma necessaria per poter avere e coltivare un pensiero, senza bisogno di ricorrere a incerte traduzioni. Tra le raccomandazioni per l'uso suggerirei al lettore di munirsi di qualche sano dizionario enciclopedico: chi legge grazie agli Autori potrebbe ritrovare un interesse per i pre-socratici, per Borges o per Huxley, o scoprire l'opera di Gaetano Mosca, se interessato alle questioni del potere.

Ora veniamo alla parzialità delle impressioni. Se una lettura suscita idee, commenti e opinioni, quello che dirò rifletterà le mie "libere associazioni" più che le intenzioni degli Autori. Insomma il legno della cornice. Il carteggio può essere letto come: a) il punto di vista di due autorevoli e colti signori che di professione fanno gli psicoterapeuti (e altro, fortunatamente). b) un'incursione tra le vertigini che ci prendono ogni qual volta abbiamo il coraggio di guardare oltre le finestre che chiamiamo "gruppo", "potere", ‘relazione', ‘narrazioni' e "logiche discorsive"; c) un esercizio di destrutturazione e ricomposizione di ciò che pensiamo già di sapere, scoprendo altre architetture possibili; d) la ricerca di un passaggio a ‘nord-ovest' per utilizzare (Vezzani) e uscire (Masoni) dalle trappole del ‘come' pensiamo e parliamo. Per esempio: come affrontare ‘aporie', ‘ossimori', ‘paradossi', logiche binarie, reificazioni, complessità, assurdità e altro, là dove il linguaggio, l'esperienza e le costruzioni di realtà, dette psicologiche, non possono essere maneggiate, pensate come costrutti logici? Il metodo non è più affidato alle regole procedurali della conoscenza tecnica. I manuali delle giovani marmotte, del piccolo chimico, del piccolo terapeuta, hanno da tempo compiuto il loro compito. L'infanzia è finita, l'adolescenza protratta pure, inutile aspettarsi miracoli e sostegni. Lo sguardo vaga oltre i bordi delle carte e delle mappe disponibili.

Caro lettore, immagino che tu abbia già scoperto per tuo conto che la "mappa non è il territorio" e, come dice Vezzani, pur non potendo trascendere la struttura dicotomica dei nostri pensieri, possiamo utilizzarli, senza rimanerne irretiti. Mentre Masoni ci mette in guardia sul fatto che un costrutto psicologico non è un costrutto logico, ci invita anche a sfruttare altri percorsi della ragione. Un mondo, quello delle relazioni, dei gruppi, del potere, e delle narrazioni, che è costantemente rimodellato da come lo raccontiamo, un mondo che c'è nei suoi effetti reali. Insomma un libro piccolo e smilzo, conversazioni lievi per argomenti pesanti, piccole vertigini per abissi profondi: "là dove la verità descritta è tutta interna al gioco". Un libro scritto per pensare.

Caro lettore, spesso ti sarai chiesto, non avendo coraggio di confessarlo: "ma un gruppo, cosa è? Solo un insieme di persone, o qualcos'altro?" Secondo me è la qualità emergente da una relazione, più che un dato o il risultato di una definizione. Scrive Michail Bachtin (1963) "Una sola voce non porta a termine nulla e nulla decide. Due voci sono il minimum della vita, il minimum dell'essere". Già George Mead (1931) sosteneva che per avere una mente ci vogliono due cervelli in relazione. E ancora prima, agli inizi del novecento, William James (1901) scriveva che ‘ogni persona ha tanti sé quante sono le persone per lui importanti'. Il gruppo lo ritroviamo sempre nella polifonia delle ‘voci di dentro' e ‘di fuori', fa stormire senza posa i pensieri che dialogano tra di loro. Ma chi sono James, Mead e Bachtin? Nella cosiddetta psicologia post-moderna sono più citati di Freud, Skinner o Eysenck, e del DSM IV, anche se agli inizi degli anni '80, a Padova, Fabio Metelli uno dei più autorevoli psicologi sperimentali esistenti, chiedeva a me giovane professore durante una seduta di laurea, "ma che c'entra questa tesi su Focault con la psicologia?". Con Bachtin, Focault, e prima ancora con Goffman, Mead, James, e poi con i logici e i filosofi del linguaggio di Oxford, e l'antropologia di Geertz si entra nella cosiddetta psicologia post-moderna, a cui appartengono i problemi e l'angolazione concettuale di Bruno Vezzani e di Marco Vinicio Masoni.

Gentile lettore, potrai chiederti, ma cosa è questa "psicologia post-moderna"? Come posso inserire questo carteggio in un quadro di riferimento così generale? Forse è opportuna qualche coordinata. Ti rispondo attraverso un autorevole storico della psicologia, Luciano Mecacci che scrive nel suo libro (Psicologia moderna e post-moderna, Laterza, 2003). "Ritorna alla fine di questo secolo lo stesso spettro che agitò i filosofi e gli psicologi alla fine del secolo scorso: il dilemma tra la psicologia come scienza naturale, fondata sulla spiegazione-sperimentazione, e la psicologia come scienza umana, fondata sull'interpretazione-comprensione.. e.. sul pensiero narrativo, descrittivo e contemplativo, che restituisce alla mente umana la sua dimensione sociale e discorsiva"... che attaccando " le concezioni del soggetto universale e dell'Io unitario ha proposto una concezione sfaccettata e multivariata della costruzione della mente, mettendo in evidenza le differenze di genere, i fattori etnici e antropologici, e le varietà culturale e sociale delle menti umane". La psicologia post-moderna, costruzionista, è la reazione alla psicologia positivista, accademica ed empirista, che si è rivelata inadeguata, quando è voluta diventare una scienza dell'agire umano, presumendo che il comportamento delle persone fosse l'estensione dei processi mentali (percezione, memoria, attenzione, apprendimento, ecc.), configurati e studiati come entità naturali. Il risultato è stato un nuovo paradigma, dalle radici lontane, più adeguato, efficace e alternativo ad una psicologia priva di contesto, nomotetica, normativa, astorica, deterministica. Che si è rivelata irrilevante nella sua capacità di affrontare i problemi pratici, il comportamento intenzionale e sociale della persone come le sue forme di disagio, indiscutibilmente legate ad una costante interazione costruttiva tra osservati e osservatori, tra copioni di vita, ruoli, gruppi e mondi sociali e culturali.

Veniamo ora alle differenze tra i due Autori. Qui le cose si complicano un po', dal momento che Vezzani e Masoni discutono affacciati a finestre situati su due piani, ognuno rinviando e appellandosi ad esigenze differenti: pragmatiche e mercuriali (Vezzani), concettuali e apollinee (Masoni). Potremmo dire che Bòrges racconta e Godel s'interroga. Il primo vuole risolvere dei problemi e concede all'imperfezione del dire le possibilità di produrre il cambiamento: ogni gruppo non può che essere partecipe e modificato dalle narrazioni che lo generano. Masoni invece, preoccupato della forma del contenitore, ritiene che la destrutturazione di come pensiamo il mondo, sia la condizione della sua trasformazione, di fronte alla constatazione che ogni gioco linguistico autentica solo l'esperienza che costruisce. I due Autori, Marco e Bruno, s'incrociano, ‘decostruttivi' e pieni di "espedienti mercuriali". Per l'intelligenza psicologica delle stupefatte lettrici e lettori, che amo pensare pochi in quanto iniziati ad un genere che implica la rottura dell'ordinario, dello scontato, del consueto. Mentre penso questo, alzo gli occhi e, caro Lettore, mi vedo riflesso nel vetro di un quadro, sopra la scrivania. Vedo il sogghigno di uno sconosciuto, di un ribaldo, di un sorvegliato speciale. Cautelandomi mi ingentilisco, il sorriso è ora quello dell'"Ignoto marinaio (di Antonello da Messina)". Da un po' di tempo piuttosto che pensare alla scienza di una varia umanità dolorante e ammaccata, trascorro il tempo fantasticando sui volti dipinti da Antonello da Messina. In particolare sul sorriso dell'Ignoto marinaio (detto anche l'uomo di Cefalù): ora ironico, ora allusivo, forse crudele, secondo i punti di vista. Il libro di Bruno e Marco, mi evoca quest'immagine allo specchio, complice, seriosa ma deridente. Il lettore non si faccia trarre in inganno dalla bonomia garbata degli Autori, là dove il secondo recita la parte dell'erudito, e il primo quella dell'esperto. Queste poche pagine sono appunto come il sorriso dell'Ignoto Marinaio, c'è qualcosa di beffardo, di ammiccante e di irrispettoso: una ricorrente messa in crisi della certezza del reale", dell''universale', della ‘logica binaria'. Credenze su cui chiunque vorrebbe assidersi e pontificare con tranquilla sicumera scientifica. Invece all'onesto praticante di cose psicologiche toccherà di spartire con il resto del mondo, con gli altri e con se stesso, le sfide del relativo e dell'indefinito, dell'unico e dall'irripetibile, del non senso e del paradosso.

Come ha detto qualcuno, se in un matrimonio non siamo almeno in tre ci si annoia. E con questo voglio farmi perdonare l'intrusione tra i due autori, giustificandola con l'onestà d'intenti, che spero di condividere con il lettore.