David Bowie. Biografia

Paola Villani

- DAGLI INIZI ALLA META’ DEGLI ANNI ’70 -

David Robert Jones è nato a Brixton, presso Londra, nel 1947, anello di congiunzione tra due famiglie disgregate, quelle del reduce Haywood Jones e della maschera di teatro Peggy Burns, il cui figlio di primo letto, Terry, avrà molta influenza sul giovane David, passandogli i dischi di jazz o rock’n’roll e consigliandogli la lettura dei libri maledetti di Jean Genet o della beat generation. Quando era adolescente e frequentava la scuola d’arte, i ragazzi del quartiere in cui abitava, in un sobborgo del Kent, lo chiamavano in modo dispregiativo “red orb”, a causa del colore del suo occhio sinistro; infatti, in seguito alla lesione ottenuta durante una rissa con un compagno di scuola nel 1961, subì numerose operazioni che subirono l’effetto di paralizzare permanentemente il cristallino e di far apparire rossastro il colore dell’iride: la prima caratteristica che rende David differente dagli altri musicisti è proprio nel suo sguardo peculiare, dagli occhi “dispari”. Per ironia della sorte, colui che gli ha procurato questo danno, George Underwood, è tuttora uno dei suoi più cari amici, nonché grafico delle copertine dei primi dischi di Bowie. A partire dalla tenera età di tredici anni, David inizia a suonare il sassofono in una serie di band mod (The Konrads, Davy Jones & The King Bees, The Manish Boys - nella cui line-up figurava un giovanissimo Jimmy Page -, The Lower Third, The Buzz) e nel 1966, per non subire confusioni con Davy Jones dei Monkees, cambia il suo cognome in Bowie, mutuandolo dal nome del coltello a doppia lama “bowie-knife”. Il primo disco, David Bowie, pubblicato per la casa discografica Deram nel 1967, mette in luce un artista ancora acerbo ed indeterminato, come testimoniano i filmati raccolti nel DVD di recente uscita “Love You Till Tuesday”. Dopo aver studiato mimo con l’artista Lindsay Kemp, tra il ’68 ed il ’69, in compagnia della fidanzata Hermione fonda una compagnia di performer, detta The Feathers e, per un breve periodo, si esibisce con i T-Rex in tour. La seconda caratteristica di David è il suo essere artista a trecentosessanta gradi, immedesimandosi pienamente in ciò che fa, ma senza mai permanervi troppo a lungo, preferendo un continuo, affascinante mutamento: per sua stessa ammissione, oltre alla musica rock, Bowie ama anche “creare i personaggi, la narrativa, gli scenari”, abbracciando l’arte a trecentosessanta gradi e seguendo il motto degli artisti glam, ossia “Se una cosa funziona, buttala via”. Solo nel 1969 capisce di avere un futuro nella musica e compone nuovi brani, influenzati dalla psichedelia e dal cinema, per un EP chiamato Man Of Words, Man Of Music, che contiene Space Oddity, canzone ispirata al film “Space Odyssey” (di Stanley Kubrick, tr. it. “2001 Odissea nello spazio”). Il brano, grazie alla rotazione mediatica continua, dovuta agli avvenimenti dello sbarco sulla Luna, raggiunge il quinto posto della classifica britannica e, in seguito, ribattezza la ristampa dell’album. In questo periodo stringe amicizia con i musicisti che suonavano con Marc Bolan, tra i quali il chitarrista Mick Ronson, il batterista Woody Woodmansey ed il bassista-produttore Tony Visconti, con i quali lavora per l’album The Man Who Sold The World (1970). Dopo il matrimonio con l’eccentrica Angela Barnett (la quale, nel 1971, gli dà il figlio Duncan Zowie Haywood e, dopo il divorzio nel 1980, dà alle stampe una velenosa autobiografia scandalistica, “Backstage Passes. My Life With David Bowie”), con l’album Hunky Dory (1971) Bowie proclama il suo manifesto di personaggio anticonformista e camaleontico - soprattutto con il brano Changes-, appaltando a Ronson la costruzione di raffinati arrangiamenti musicali e riservandosi vezzi divistici da interprete capriccioso ed esigente. La pantomima così concepita diede alla luce un alter ego artistico, un alieno ambiguo e androgino, supportato da una band di congrua assonanza, tutti immortalati come protagonisti del concept-album che prese il nome dai personaggi impersonati, The Rise And Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars (1972). Il disco, che si colloca nella filiera del glam-rock, contemporaneamente ai lavori di gruppi come T-Rex e Roxy Music, ottiene un successo strepitoso, soprattutto nella costa atlantica degli Stati Uniti d’America, e proietta Bowie al centro della scena internazionale. Pur di stupire il pubblico consenso, Bowie dichiara alla stampa di essere gay (nel Regno Unito, all’epoca, l’omosessualità era considerata reato), salvo poi ritrattare, dichiarandosi bisessuale, ma oppone un secco rifiuto all’invito fattogli dal movimento per i diritti degli omosessuali a fare da portavoce, rifiuto dovuto alla refrattarietà nei confronti della prigionia delle etichette. Prima di inscenare l’implosiva fine di Ziggy in un memorabile concerto all'Hammersmith Odeon di Londra, nel 1973 pubblica Aladdin Sane (1973), che segna una cesura importante per il glam-rock e una frattura nell’equilibrio dello stesso cantante, logorato dall’abuso di droghe e dalla frenesia di una movimentata vita divisa tra concerti e pubbliche relazioni. Contemporaneamente, l‘instancabile Bowie pubblica anche un album di cover dal titolo Pin-Ups (un vezzo al quale non ha mai rinunciato è, infatti, quello di interpretare brani di musicisti a lui graditi, tra i quali Pink Floyd, Kinks o, addirittura, Jacques Brel) e, l’anno successivo, si avvale della collaborazione di John Lennon per l’hit Fame, contenuta in un’opera impiantata su toni futuristici e apocalittici, Diamond Dogs, ispirato ai libri di William S. Burroughs e George Orwell. Con l’aiuto del fedele Mick Ronson, produce i lavori discografici di Lulu, Mott The Hoople e Lou Reed per il cui operato nutriva da sempre un’incondizionata ammirazione. Dopo la pubblicazione del primo disco dal vivo, nel 1974 (David Live, tratto dal magnificentissimo tour di “Diamond Dogs”), tenta di riaffermarsi negli Stati Uniti, ma sceglie una strada diversa dal rock: “Ero caduto nella trappola di riferirmi costantemente al rock. Era incestuoso: mi ero messo i paraocchi nei confronti di tutte le altre possibilità musicali e artistiche. Avevo bisogno di cambiare vita". A Los Angeles, dove vive con Amanda Lear (cui pagò le lezioni di canto e produsse il primo 45 giri), inventa un nuovo tipo di musica soul, che nelle sue interpretazioni diventa plastic soul e che si esprime nei due album pubblicati tra il 1974 ed il 1975: Young Americans e Station To Station.

- DALLA META’ DEGLI ANNI ‘70 ALLA META’ DEGLI ANNI ‘90 - In contemporanea, ha inizio la sua carriera cinematografica con il film “The Man Who Fell On Earth” (regia di Nicholas Roeg, in it. “L’uomo che cadde sulla terra”, 1975). Nel frattempo, la malcelata paranoia causata dall’assunzione massiccia di stupefacenti, culminata in esternazioni pubbliche filonaziste che scandalizzano l’opinione pubblica, lo spinge a trasferirsi a Berlino per disintossicarsi. Tra il 1976 ed il 1979, la vena creativa del poliedrico artista trova nuovi spunti rock riscontrabili nella triade di album-capolavori Low , Heroes e The Lodger, tutti registrati tra Berlino, New York e Montreaux, e con l’apporto di alcune collaborazioni prestigiose, come Brian Eno e il chitarrista dei King Crimson, Robert Fripp. Occupandosi anche del rilancio di Iggy Pop, desideroso di mantenere un profilo basso, Bowie segue Iggy in tour, come suo irriconoscibile e anonimo tastierista, affidando il ritorno sulle scene a due film di ambientazione berlinese: il primo per la regia dell’ex-attore David Hemmings e con la partecipazione di Marlene Dietrich e Kim Novak, “Just a Gigolo” (tr. it. “Gigolo”, 1978), ed il secondo tratto da una storia reale, ossia il celebre “Christiane F. Wir Kinder vom Bahnhof Zoo” (regia di Ulrich Edel, in it.: “Christiane F., noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”, 1983), in cui interpreta se stesso e cura la colonna sonora. Nel frattempo, la pubblicazione di Scary Monsters (1980) non ottiene il successo auspicato, ma del primo singolo estratto, Ashes to ashes, pieno di reminescenze alla musica del passato, viene girato un videoclip che andò in onda a rotazione sulla neonata emittente televisiva MTV. Con “Scary Monsters”, inoltre, Bowie ritorna alla sua vecchia passione, il mimo, coniugandolo alla musica e, quasi contemporaneamente, recita a Broadway, nella pièce teatrale “The Elephant Man” e, due anni dopo, nel “Baal” di Bertold Brecht, registrato su EP. Se all’inizio, Bowie sembra aderire alla new wave, successivamente effettua una virata musicale verso il pop che ammiratori e critica gli rimproverano, convinti che sia alquanto difficile per l’ex-duca bianco ripetere il successo degli otto memorabili dischi del decennio precedente, mentre il singolo inciso con i Queen, Under Pressure, scalava le classifiche; in realtà, l’artista inglese avvertiva il bisogno di esprimersi in territori più inesplorati e, oltre a ciò, si trovò nella necessità di rendersi noto ad una nuova fetta di pubblico che nulla sapeva della gloria del passato. Così, nel 1985, si lascia coinvolgere dal progetto di beneficenza per le popolazioni povere dell’Africa, il “Live Aid”, e interpreta Dancing In The Streets con Mick Jagger. Tra il 1983 ed il 1987, pubblica una nuova triade di album ad ampia vocazione pop-dance, cioè Let’s dance, Tonight e Never Let Me Down. Per l’opinione degli esperti, pochi singoli riscattano l’operato di Bowie in questo periodo, né la cover della fortunata canzone China Girl, composta con l’amico Iggy Pop, né la risposta pop a “Heroes”, Zeroes, né tanto meno il duetto con Tina Turner in Tonight o il pur affascinante singolo Loving The Alien. Nel frattempo, continua a lavorare per il cinema sia come autore di brani per commenti musicali, come This Is Not America eseguito con Pat Metheny per il film “Il gioco del falco” (di John Schlesinger, 1985) o la colonna sonora del film “Labyrinth” (di Jim Henson, 1986), al quale partecipa anche come attore. Interpreta, inoltre, film controversi, come “The Hunger” (regia di Tony Scott, tr. it. “Miriam si sveglia a mezzanotte”, 1982), “Merry Christmas, Mr. Lawrence” (di Nagisa Oshida, tr. it. “Furyo”, 1983), “Into The Night” (di John Landis, tr. it. “Tutto in una notte”, 1985), “Absolute Beginners” (di Julian Temple, 1986), nonché in due pellicole di grande richiamo: “The Last Temptation of the Christ” (di Martin Scorsese, in it.: “L’ultima tentazione di Cristo”, 1988), in cui veste i panni di Pilato, e “Fire Walk With Me” (di David Lynch, in it.: “Fuoco cammina con me”, 1992), onirico prequel della serie televisiva “Twin Peaks”. Negli anni tra il 1989 ed il ’92, annoiato dalla monotonia della carriera solista, abiura i successi del passato e, con il chitarrista Reeves Gabrels ed i fratelli Tony e Hunt Sales, conosciuti all’epoca del tour con Iggy Pop, fonda i Tin Machine, le cui produzioni sono influenzate dal rock metallaro e dal pre-grunge dei Pixies. Durante il “Sound + Vision Tour” (1990), afferma di non voler più suonare i brani del “vecchio” Bowie, essendo totalmente compenetrato nelle attività del gruppo, la qual cosa sollecita la recrudescenza di ammiratori e critica; inasprito professionalmente dalle scarse vendite dei Tin Machine, partecipa al concerto-tributo per Freddy Mercury allo stadio di Wembley nell’aprile 1992, interpretando una sofferta versione di “Under Pressure” con Annie Lennox; tuttavia, l’artista inglese ottiene molte soddisfazioni dalla vita personale. Il matrimonio con l’incantevole indossatrice somala Iman, celebrato a Firenze il 6 giugno del 1992, con rito misto musulmano-anglicano, gli regala una felicità insperata, oltre ad ispirargli il nuovo brano The Wedding, che apre il nuovo album Black Tie White Noise (1993). L’album, trainato dal coinvolgente singolo Jump They Say, dedicato alla memoria del fratellastro Terry (al quale aveva già dedicato The Bewlay Brothers, in “Hunky Dory”), malato di schizofrenia e suicida, vede il ritorno di due ex-Spiders, tra i quali il fidato Mick Ronson, che alla fine dell’anno, sfortunatamente, muore di cancro. Conquistato dalla musica jungle, Bowie compone, per commissione della BBC, la colonna sonora del film-TV in quattro episodi The Buddha Of Suburbia (1994), diretto da Roger Michell e basato sul libro di Hanif Kureishi; anche per l’opera successiva, Outside (1996), predilige un sostrato narrativo, con tanto di libretto-diario allegato all’album ed ispirato allo stile di Burroughs: l’opera narra le indagini compiute dal detective Nathan Adler su un omicidio collegato al mondo dell’arte. Una delle passioni di Bowie è, infatti, l’espressione artistica: è un critico competente, dipinge egli stesso, scrive editoriali per riviste e colleziona quadri del Tintoretto. L’album, in cui ritorna l’apporto creativo di Brian Eno, influenzato dalla musica “industrial”, riscuote consensi sia da parte del pubblico, sia da parte della critica e gli permette di intraprendere un tour con i Nine Inch Nails.

- DALLA META’ DEGLI ANNI ’90 AL PRESENTE - L’anno successivo, il 9 gennaio, festeggia il cinquantesimo compleanno con una celebrazione a metà tra un concerto e una festa, al Madison Square Garden di NY, in compagnia di Frank Black, Lou Reed, Robert Smith, Sonic Youth, Placebo, Billy Corgan ed altri amici superospiti. Contemporaneamente, per promuovere il nuovo album, Earthling, lancia su internet il nuovo brano, Telling Lies, affermandosi come manager cibernetico grazie al suo provider, BowieNet. Con una carriera da uomo d’affari solida e redditizia, recitare ogni tanto è soltanto una soddisfazione personale, anche se le ultime apparizioni cinematografiche non sono molto soddisfacenti: un cameo nei panni di Andy Warhol in “Basquiat” (di Julian Schnabel, 1996) e un ruolo da killer psicopatico nella parodia spaghetti-western “Il mio West” (di Giovanni Veronesi, 1998). Nonostante le insistenze, nega all’amico musicista Michael Stipe il permesso di usare le sue canzoni per il film sulla scena glam, “Velvet Goldmine” (di Todd Haynes, 1998), poiché concentrato sul progetto celebrativo del trentennale di Ziggy Stardust, uno show che doveva girare in rete, nei cinema e nei teatri e che poi si è perso nelle ambizioni, bruciato dai meccanismi pubblicitari; tuttavia, è stato messo in commercio un’edizione limitata in DVD del concerto finale di Ziggy con gli Spiders, immortalato dal regista Don Alan Pennebaker il 3 luglio 1973, all'Hammersmith Odeon di Londra. Inoltre, lo stesso anno, Bowie ha regalato immortalità a se stesso e alla moglie Iman, grazie alla realizzazione del videogioco “Nomad Soul”, da lui concepito e sistemato, soprattutto per quanto riguarda le parti grafiche e musicali e, con le operazioni finanziarie della sua banca on line (www.bowiebanc.com), si quota in borsa, assicurandosi decine di milioni di dollari in azioni vincolate alla sua discografia ed emettendo anche una carta di credito decorata con la sua effigie (come non pensare al suo primo successo, The Man Who Sold The World?). Ai critici che lo definiscono un dandy miliardario (e, come tutti i dandy che si rispettino, ha sempre un aneddoto sensazionale da raccontare), più business-man che rockstar, Bowie risponde di essere un “postmoderno vate disfunzionale”, poiché, nell’illusorio tentativo di lasciarsi alle spalle un passato ingombrante, rivolge gli occhi bicolore al futuro, ma lo fa scetticamente: sarcastico, disincantato, ambivalente, indipendente. Hours... (1999), album ambizioso, nelle sue intenzioni doveva rappresentare “un concentrato di trent’anni di storia del rock”, ma non riesce ad ottenere il successo auspicato, nonostante l’ampia pubblicità fatta al singolo Thursday’s Child dalle stazioni radio di tutto il mondo. A giugno dell’anno seguente, Bowie si esibisce dal vivo nel teatro della BBC Radio: un altro evento mondano con ospiti di grosso calibro e 130 privilegiati BowieNetters, che si accaparrarono le prime file via internet. Il concerto è stato pubblicato in un cofanetto triplo in edizione limitata, dal nome Bowie At The Beeb, allegato ad un doppio CD che raccoglie 37 registrazioni effettuate il 5 febbraio 1970 e trasmesse tre giorni dopo dalla trasmissione di John Peel, proprio presso gli studi dell’emittente di stato inglese. L’anno 2000 è rallegrato anche dalla nascita di Lexi (Alexandria Zahra, nata il 15 agosto), a coronamento della vita felice al fianco di Iman. Risiedendo a New York, Bowie resta molto scosso dall’attentato terroristico dell’11 settembre 2001, poiché la sua abitazione è collocata a due passi dal luogo dove sorgevano le Twin Towers. La sua versione di “Heroes”, suonata al concerto per NYC (il 20 ottobre, al Madison Square Garden) è stata particolarmente toccante: davanti alle parole “Possiamo essere eroi anche solo per un giorno”, è stato naturale pensare al ligio coraggio dei vigili del fuoco della metropoli oltraggiata. Alla fine del 2001, David fonda una propria etichetta discografica, detta ISO Records. Preoccupato dalla nuova ondata di guerra propugnata dagli USA, scettico verso la grazia divina, inserisce le sue angosce nell’album Heathen (2002), in cui si avvale dell’aiuto del produttore e amico Tony Visconti, nonché di Pete Townshend, Dave Grohl e Matt Chamberlain in qualità di strumentisti. Nel disco si alternano la speranza in un futuro migliore e il pessimismo irriducibile nei confronti di un mondo nichilista: “Niente è cambiato, tutto è cambiato”, è la triste constatazione. Tematiche affini e riflessioni sul male di vivere affiorano anche in Reality (2003), il venticinquesimo album realizzato in studio da Bowie, che ha sollevato critiche discordanti sia tra la stampa che tra gli ammiratori. Molti vi ravvisano l’inesorabile decadenza di un artista che non ha più nulla da dire, altri invece vi notano richiami ai successi passati, in particolare alle sonorità di “Hunky Dory”. Nonostante tutte le forzature, “Reality”, lanciato in contemporanea nelle principali sale cinematografiche del mondo, è un tipo di lavoro in cui Bowie si permette di inserire ciò che più gli piace, attingendo dalle composizioni della sua prolifica attività, nonché dal repertorio dei suoi artisti preferiti ed inventandosi nuove strategie pubblicitarie avanguardiste, all’insegna di una magnifica maturità: “Accettarsi vuol dire maturare”, afferma soddisfatto. Nonostante i problemi di salute occorsigli durante il tour del 2004, che lo costrinsero ad annullare le date in Germania, allorché fu operato d’urgenza ad un’arteria occlusa, le ultime immagini lo ritraggono in ottima forma. Tra le sue ultime fatiche, rientrano il doppiaggio del film d’animazione “Arthur and the Minimoys” (di Luc Besson, 2005) e la realizzazione del brano (She Can) Do That, con la collaborazione del dj BT, per la colonna sonora del film “Stealth” (di Rob Cohen, 2005). Nonostante esista ancora chi si domanda se sia uno specchio di mode momentanee o piuttosto un vero precursore di stili, l’unica certezza per il futuro che David Bowie riserva al suo pubblico è non finire mai di sorprendere; ciò che nessuno può negare è che sia il personaggio della scena musicale al quale la maggior parte dei cantanti oggigiorno ascrive una vasta influenza artistica.

(da Cibicida)