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Wu Ming. Biografia
Wu Ming Foundation: Chi siamo, cosa facciamo (da Wu Ming Foundation)
Prologo
Nel 1994, in giro per l'Europa, centinaia di artisti, attivisti e burloni scelgono di adottare la medesima identità.
Tutti si ribattezzano Luther Blissett e si organizzano per scatenare l'inferno nell'industria culturale. Si tratta di un piano quinquennale. Lavoreranno insieme per raccontare al mondo una grande storia, creare una leggenda, dare alla luce un nuovo tipo di eroe popolare.
Nel gennaio 2000, al termine del Piano, alcuni di essi si riuniscono sotto il nuovo nome Wu Ming. Quest'ultimo progetto, benché più concentrato sulla letteratura e la narrazione in senso più stretto, non è meno radicale del precedente.
Chi è Luther Blissett. Nascita di un eroe popolare
"Luther Blissett" è uno pseudonimo multi-uso - una "reputazione aperta" - adottato in modo informale e condiviso da centinaia di artisti e agitatori europei dall'estate del 1994.
Per motivi che rimangono ignoti, il nome è preso in prestito da un calciatore inglese degli anni Ottanta di origini afro-caraibiche.
In Italia, tra il 1994 e il 1999, il cosiddetto Luther Blissett Project (un network più organizzato all'interno della comunità che adotta l'identità "Luther Blissett") diviene un fenomeno molto popolare e riesce a diffondere una leggenda, la reputazione di un eroe folk.
Questo Robin Hood dell'era dell'informazione ingaggia una guerriglia dentro/contro un'industria culturale in via di radicale trasformazione (siamo ai primordi del web), organizza eterodosse campagne di solidarietà a vittime della censura o della repressione, e - soprattutto - orchestra elaborate beffe mediatiche come forma d'arte, rivendicandole sempre e spiegando quali difetti del sistema ha sfruttato per far pubblicare o trasmettere notizie false.
Blissett è attivo anche in altri paesi, soprattutto in Spagna, Germania e Regno Unito.
Il dicembre 1999 segna la fine del Piano Quinquennale. Tutti i "veterani" commettono un suicidio simbolico chiamato "il Seppuku" (come il suicidio rituale dei samurai).
La fine del LBP non comporta l'estinzione del nome, che continuerà a riaffiorare nel dibattito culturale e resterà una firma molto usata sul web anche nel primo decennio del XXI° secolo.
Il ritratto "ufficiale" di Luther Blissett è realizzato da Andrea Alberti e Edi Bianco nel 1994, miscelando vecchie foto degli anni Trenta e Quaranta (tre prozii e una prozia di Wu Ming 1). Clicca sull'immagine per scaricarlo in alta definizione (jpg + zip, 500 dpi, 940 kb). Quest'immagine è nel pubblico dominio, liberamente utilizzabile.
Rendere famosi artisti immaginari
La via del guerrigliero: Una selezione di beffe di Luther Blissett / 1
Quello delle beffe mediatiche di Luther Blissett è un mondo pieno di artisti immaginari, perché è il mondo dell'arte a essere affollato di creduloni, perfetto bersaglio per chiunque voglia diffondere leggende.
Gennaio 1995. HARRY KIPPER, artista concettuale inglese, scompare al confine italo-jugoslavo durante un giro d'Europa in sella a una mountain bike, si dice con l'intento di tracciare la parola 'ART' sulla mappa del continente. Vittima dello scherzo è Chi l'ha visto, celebre programma che insegue persone scomparse, trasmesso in prima serata sul terzo canale della TV di stato. La troupe di Chi l'ha visto si getta sulle tracce dell'artista-ciclista, e sperpera soldi dei contribuenti in cerca di una persona mai esistita, arrivando fino a Londra e rendendosi ridicola, evitando per il rotto della cuffia la messa in onda del servizio, lo stesso giorno in cui "Luther Blissett" rivendica la burla.
Giugno 1995. LOOTA è una femmina di scimpanzè i cui dipinti saranno in mostra alla Biennale di Venezia. Già vittima di sadici esperimenti in un laboratorio farmacologico, Loota è stata tratta in salvo da un commando dell'Animal Liberation Front. In seguito, è diventata un'artista di grande talento. Alcuni giornali riportano la notizia. Peccato che Loota non esista, ma in fondo che problema c'è? Alla Biennale, i visitatori delusi possono consolarsi con un bel po' di spazzatura prodotta da esseri umani.
1998-99. DARKO MAVER è un discusso scultore e performer serbo. Le sue opere sono manichini a grandezza naturale, riproducenti le fattezze di cadaveri seviziati, mutilati, coperti di sangue. La sua arte è soggetta alla censura di regime, e a un certo punto finisce in prigione per "condotta antisociale". In Italia, immagini delle opere di Maver vengono esibite a Bologna e Roma. Un appello in solidarietà all'artista viene pubblicato su prestigiose riviste d'arte patinate. Alcuni critici di gran nome affermano addirittura di conoscerlo personalmente. Quando "Darko Maver" muore nella sua cella durante un bombardamento NATO, una foto del corpo viene pubblicata sul web. C'è un piccolo particolare: quell'uomo non è affatto"Darko", bensì un membro siciliano del LBP. La rivendicazione giunge ai media poche settimane dopo il Seppuku di Blissett. Le "opere" di Maver erano fotografie di cadaveri autentici, trovate su rotten.com. E' l'ultima grande beffa del LBP, e l'esordio di un nuovo gruppo, 0100101110101101.org.
Rendere famosi pazzoidi immaginariLa via del guerrigliero: Una selezione di beffe di Luther Blissett / 2
Elenco incompleto di leggende urbane e dicerie sul nostro conto
La più complessa ed elaborata beffa di Luther Blissett ha luogo in Lazio nel 1997, a opera di alcune decine di persone. Dura un anno e tocca il tema del panico morale su messe nere e satanismo. Cultori del Demonio e "cacciatori di streghe" cristiani appaiono nei boschi del viterbese, lasciando tracce (fisiche, audiovisive e "letterarie") dei loro scontri e inseguimenti. I media locali e nazionali si bevono tutto senza alcuna verifica delle notizie, svariati politicanti saltano sul carrozzone della paranoia di massa, sbuca persino (e viene trasmesso su Studio aperto, Italia 1) il video di un - alquanto abborracciato - rito satanico, finché Luther Blissett non rivendica tutto e produce una grande mole di prove.
"Controinformazione omeopatica": iniettando nei media una forte dose di falso autoprodotto, Luther Blissett dimostra la scarsa professionalità di molti cronisti e l'infondatezza del panico morale.
La "beffa viterbese" è ricostruita passo passo in quest'articolo apparso all'epoca su La Repubblica on line. In seguito, è diventata caso di studio in diversi testi di sociologia e massmediologia. Un riassunto dell'intera vicenda si trova addirittura nella sezione V del "Rapporto Eurispes 1999", all'interno di una lunga e dettagliata scheda su Luther Blissett.
A dire il vero, secondo questo testo apparso sulla rivista francese Multitudes, l'inclusione nel "Rapporto Eurispes" di una scheda su Luther Blissett fu essa stessa una beffa blissettiana!
La "burla viterbese" era parte di una più vasta campagna di informazione, che comprendeva anche una lunga controinchiesta sul processo ai Bambini di Satana, caso giornalistico-giudiziario che sconvolse Bologna nel triennio 1996-98, con accuse di violenza sessuale, pedofilia, abusi rituali e omicidio (benché... a danni di ignoti).
Il ruolo del Luther Blissett Project nel contrastare la "mostrificazione a mezzo stampa" di imputati in seguito riconosciuti innocenti è ricostruito nel libro di Antonella Beccaria Bambini di Satana - processo al diavolo. I reati mai commessi da Marco Dimitri (Nuovi Equilibri / Stampa Alternativa, 2006, scaricabile gratis qui o acquistabile qui).
La notte che Luther Blissett dirottò un autobus a Roma
Quattro persone vengono trovate senza biglietto su un treno italiano. Fin qui nulla di insolito, anzi. Solo che in tribunale (in... tribunale?), al momento di dichiarare le proprie generalità, tutti e quattro dicono di chiamarsi "Luther Blissett".
Fino a qualche tempo fa, cercando "Luther Blissett" sul web, prima o poi si trovava qualche testo in inglese contenente questo aneddoto insensato. E' una versione distortissima di un fatto vero, che si è diffusa grazie alla pigrizia di certi giornalisti di Londra e agli stereotipi sull'Italia di cui si nutrono (e di cui nutrono il loro pubblico). Certo, siamo un Paese con sacche belle rigonfie di illiberalità, praesumptio culpae e abusi polizieschi, ma suvvìa, chi di voi è mai finito in tribunale perché privo di biglietto ferroviario?
Tra l'altro, la storia vera è moooolto più interessante. Non si tratta di un treno, ma di un autobus notturno. Accade il 17 giugno 1995. Alcune decine di raver/performer occupano e in qualche modo "dirottano" il mezzo pubblico, armati di radioloni e ghetto blaster. La festa mobile, denominata "Bus Neoista", dura per un bel pezzo, finché la polizia non decide di bloccare la via e fermare il veicolo.
Quando i raver scendono dall'autobus, si verifica un alterco coi poliziotti, uno dei quali spara addirittura tre colpi (in aria, per fortuna).
Poiché la festa è trasmessa in diretta su Radio Città Futura, e un inviato è in collegamento via cellulare, gli spari vengono sentiti da migliaia di ascoltatori (Clicca qui per ascoltare l'mp3, 128k, dal cd Luther Blissett: The Open Pop Star, WOT4, 2000).
Diciotto persone vengono fermate. Sul momento, alcuni di loro dichiarono di chiamarsi "Luther Blissett", ma nessuno di loro lo ripeterà in commissariato.
I media si occupano estesamente dell'episodio, che dimostra quanto il nome "Luther Blissett" stia penetrando in certe sottoculture giovanili come un coltello nel burro.
Davvero non sappiamo come questa baraonda possa essersi trasformata in quella sciocchezza dei "quattro uomini in treno".
Vi fu sì un processo penale a carico di quattro persone, ma non certo perché prive di biglietto (men che meno... ferroviario). Le imputazioni erano: resistenza, oltraggio, minacce e lesioni a pubblico ufficiale.
Gli imputati furono definitivamente assolti nel 2002.
Il romanzo Q
Fare il possibile e andare avanti
Il romanzo Q è scritto da quattro membri della colonna bolognese del Luther Blissett Project, come contributo finale al progetto, e pubblicato in Italia nel marzo 1999. Negli anni successivi viene tradotto in inglese ( Regno Unito/Commonwealth e Stati Uniti ), spagnolo, tedesco, olandese, francese, portoghese (Brasile), danese, polacco, greco, russo, ceco e coreano.
Il romanzo è ambientato nel 16esimo secolo in Europa centrale, durante le sollevazioni contadine e rivolte popolari che per poco non fecero "deragliare" la Riforma protestante, prima di essere soffocate nel sangue con l'entusiastico beneplacito di Lutero.
McKenzie Wark (e non "Wark McKenzie" come alcuni lo chiamano in Italia... compreso il suo editore), autore di Un manifesto Hacker, conclude la sua recensione di Q con queste note:
'Q è in un certo senso un libro ottimistico... Il tema è quello di una resurrezione grazie alla narrazione... La narrazione rende ancora possibile il ritorno dei marginalizzati e dei senzapotere. Un ritorno non in veste di vittime, ma come un nuovo genere di eroi. Il genere di eroi che lavora nelle situazioni, fa quel che è possibile, e di nuovo riparte. Un Luther Blissett."
Oltre alla complessità dell'intreccio e al contenuto allegorico, a far parlare del libro è anche la particolare dicitura "copyleft". A stupirsi è chi ignora che la critica pratica del "copyright come lo abbiamo conosciuto" è sempre stata parte integrante di tutte le attività blissettiane (diversi anni prima delle licenze Creative Commons, che forniranno una prima, precaria sintesi di tanti percorsi).
Dall'intervista a WM pubblicata nel libro di Antonella Beccaria Permesso d'autore:
"Nella seconda metà degli anni Ottanta e nella prima metà degli anni Novanta, in Occidente e soprattutto in Italia, c'è molto interesse per il concetto di 'no copyright'. Con quel titolo, la ShaKe di Milano pubblica anche un'antologia di materiali sull'argomento, a cura di Raf Valvola. È un sottobosco dalle mille radici: la cultura 'do it yourself' del punk-rock (su tutte le copertine dei dischi hardcore-punk italiani c'è lo slogan 'Fuck SIAE'); il mondo delle autoproduzioni e delle fanzine (di fotocopia in fotocopia, sono le fanzine a diffondere il celebre détournement del logo dei discografici inglesi, la musicassetta-teschio con lo slogan: 'Home Taping is Killing Music, and It's Illegal' che diventa: 'Home Taping is Killing Business, and It's Easy'); il networking dell'arte underground, della xerox art, della mail art, del neoismo (nel 1988-89 Stewart Home e Florian Cramer organizzano i cosiddetti Festival del plagiarismo); il mondo del cut'n'mix che dal dub e dal primo hip-hop arriva alla 'house music' in senso lato, musica fatta-in-casa, con campionatori e altre tecnologie finalmente disponibili per il mercato di massa. Il Luther Blissett Project nasce nel 1994 all'incrocio di tutte queste influenze e con suggestioni che risalgono più indietro (il proto-surrealista Lautréamont disse che 'il plagio è necessario, il progresso lo implica'), e ancora più indietro, addirittura alla cultura popolare d'epoca feudale, e prima ancora alla classicità e all'antichità, insomma, a prima che esistessero gli istituti della proprietà intellettuale."
Questa la dicitura presente sui libri di Blissett/Wu Minga partire da Q:
"Si consente la riproduzione parziale o totale dell'opera e la sua diffusione per via telematica, purché non a scopi commerciali e a condizione che questa dicitura sia riprodotta."
Gli scritti di Wu Ming su copyright, copyleft e proprietà intellettuale sono archiviati qui.
Wu Ming
Più di quel che ti aspettavi da una banda di scrittori
Nel gennaio 2000 un quinto scrittore si unisce ai quattro autori di Q. Nasce così un nuovo gruppo, Wu Ming (per esteso: Wu Ming Foundation).
"Wu - Ming" è un'espressione cinese, significa "senza nome" (無名) oppure "cinque nomi" (伍名), dipende da come si pronuncia la prima sillaba. Il nome della band è inteso sia come omaggio alla dissidenza ("Wu Ming" è una firma molto comune tra i cittadini cinesi che chiedono democrazia e libertà d'espressione) sia come rifiuto della macchina fabbrica-celebrità, sulla cui catena di montaggio l'autore diventa una star. "Wu Ming" è anche un riferimento al terzo verso del Dàodéjīng (Tao Te Ching): "Wu ming tian di zhi shi", "Senza nome è l'origine del cielo e della terra". "Wu Ming" (唔明) può anche significare "non capire" in cantonese (grazie, Wesley!)
A rigore, noi non siamo anonimi. I nostri nomi non sono segreti. Tuttavia, utilizziamo cinque nomi d'arte composti dal nome della band più un numero, seguendo l'ordine alfabetico dei nostri cognomi. La formazione è: Roberto Bui alias Wu Ming 1, Giovanni Cattabriga alias Wu Ming 2, Luca Di Meo alias Wu Ming 3, Federico Guglielmi alias Wu Ming 4 e Riccardo Pedrini alias Wu Ming 5.
Nel periodo 2000-2006, l'opera più ambiziosa di Wu Ming è stata 54, un romanzo con decine di personaggi (compresi Cary Grant e il maresciallo Tito) ambientato nel 1954, finora tradotto in inglese, olandese, spagnolo e portoghese. Il libro ha ispirato anche il gruppo folk-rock degli Yo Yo Mundi, il cui concept album (anch'esso intitolato 54) è uscito all'inizio del 2004.
I membri della band hanno scritto anche libri "solisti". Nell'ordine: Havana Glam di Wu Ming 5 (2001), Guerra agli Umani di Wu Ming 2 (2004), New Thing by Wu Ming 1 (2004) e Free Karma Food di Wu Ming 5 (2006).
La band è anche co-autrice della sceneggiatura di Lavorare con lentezza (regia di Guido Chiesa, 2004, qui il sito ufficiale).
Nel 2007 è anche uscita, a cura di Wu Ming 1, un'antologia di jazz radicale degli anni Sessanta, The Old New Thing (2 cd + libro).
Un esercizio di logica a beneficio dei rintronati
Chi ancora oggi, dopo tanti anni, continua a proferire frasi del genere:
1) «I 5 scrittori che si nascondono dietro lo pseudonimo collettivo "Wu Ming"...»
2) «Che senso ha non firmarsi col proprio nome se in realtà tutti sanno come si chiamano?»
è invitato a effettuare le seguenti sostituzioni:
"97" al posto di "5"; "musicisti" al posto di "scrittori"; "London Symphony Orchestra" al posto di "Wu Ming".
L'assurdità delle affermazioni di cui sopra dovrebbe risultare lampante. Ma se ci fossero ancora dubbi, ecco una citazione d'annata (da Giap n.1, IVa serie, 21/01/2003):
"Wu Ming" è il nome di un gruppo di cinque persone, di una band, come "The Rolling Stones" o "I Giganti" o "Premiata Forneria Marconi" [...] nessuno ha mai accusato di vigliaccheria una rock band perché usava un nome collettivo, sennò tutti dovrebbero fare come Emerson, Lake & Palmer o come Crosby, Stills, Nash & Young. Come lo [vedete] un libro firmato "Bui, Cattabriga, Di Meo, Guglielmi & Pedrini"? [...] Il nome di questa band, in cinese, ha un significato, che è "anonimo", ma non vuol dire - letteralmente, banalmente - che noi stessi vogliamo essere paranoicamente anonimi, quanto dire che i nostri nomi e la nostra eventuale presenza nel misero stardom dell'italica narrativa non dovrebbero rivestire importanza né per noi né per i lettori. Se i nomi delle bands dovessero essere interpretati letteralmente, allora Sting, Andy Summers e Stewart Copeland dovrebbero essere considerati poliziotti a tutti gli effetti, e potremmo andare a comprare il pane alla forneria Marconi. All'interno di questa band, ognuno di noi usa una specie di "nome d'arte", che è composto dal nome del gruppo più un numero, seguendo l'ordine alfabetico dei nostri cognomi [...] di bands i cui singoli membri avessero un nome d'arte la storia del rock (e soprattutto del punk) è piena zeppa: nei Sex Pistols c'erano "Johnny Rotten" e "Sid Vicious", che in realtà si chiamavano John Lydon e John Beverley.
L'uso di pseudonimi, eteronimi, nomi d'arte, [è] costante e onnipresente in tutte le epoche... nel rock in mille e mille casi, nella letteratura (Ed McBain ed Evan Hunter sono due scrittori diversi ma sono anche la stessa persona, per non parlare di Pessoa)...
Il romanzo Manituana
Primo volume di un trittico settecentesco
Il 20 marzo 2007 è arrivato nelle librerie italiane il romanzo collettivo Manituana, a cui abbiamo lavorato dalla fine del 2003. Si svolge negli anni Settanta del diciottesimo secolo, sulle due sponde dell'Atlantico, ed è il primo volume di un trittico settecentesco che ci terrà impegnati almeno fino al 2012. Manituana è anche parte di un progetto transmediale di "costruzione di mondo", una narrazione che prosegue su diversi media e con diversi linguaggi (musica, fumetto, video etc.). Il perno di questo progetto è il sito ufficiale, manituana.com.
Nel maggio 2007 otto band dell'etichetta indipendente Casasonica (fondata dai Subsonica) hanno inciso altrettanti brani ispirati a Manituana, una delle possibili colonne sonore del libro.
Con Manituana abbiamo conseguito il nostro piccolo record di piazzamento in classifica.
Una prima riflessione sul venduto del 2007 si trova nella nostra "Lettera dal cavallo di Troia" (31/01/2008).
"Incompleto" perché quello completo sarebbe più lungo di Anna Karenina. In giro c'è parecchia gente in preda a "paranoia da Blissett/Wu Ming", che trascorre gran parte della propria esistenza a divulgare nostre presunte nefandezze. C'è chi lo fa perché è rimasto a lungo a crapa nuda sotto il sole battente, e chi lo fa semplicemente per calunniare. Siamo abituati a vederci attribuire le posizioni e le intenzioni più buffe e a essere avvistati un po' ovunque, neanche fossimo UFO. Siamo dietro ogni cespuglio, dietro ogni pseudonimo usato in rete, dietro ogni operazione di marketing editoriale concepita in questo Paese negli ultimi dieci anni, e ovviamente siamo mandanti e/o esecutori di ogni complotto immaginabile (macro e micro, di sinistra, di destra e di centro, ebraico e/o antisemita etc.). In rete si trova davvero di tutto, ad esempio questo pamphlet clerico-fascista del 1997, ma su Indymedia si sono scritte cose ancor più estreme, e c'è pure un giornalista che ci accusa di perseguitarlo in ogni modo. A suo dire avremmo addirittura manipolato Google per associare il suo nome-cognome all'URL di siti pornografici, e saremmo pure i veri autori di Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire di Melissa P! :-D
Ci è anche giunta voce di un tizio che deve aver visto Lavorare con lentezza confondendo autori e personaggi. Costui sosterrebbe infatti di essere stato aggredito nel 1977 da alcuni autonomi armati di spranghe, e di essersi difeso brandendo un tubo del gas. Tra gli aggressori c'era anche Wu Ming 1, che il nostro eroe ha colpito alla fronte, mettendolo in fuga. Tutto questo in Piazza Re Enzo, Bologna.
Nel 1977 Wu Ming 1 viveva a Dogato (FE) e faceva la prima elementare presso le scuole "G. Carducci".
Prima o poi qualcuno studierà a fondo questi curiosi meccanismi psicologici e fenomeni di involontario guerrilla marketing a nostro favore. Noi qui tralasceremo le più selvagge derive psicotiche dei cospirazionisti, per concentrarci su pochi luoghi comuni legati alla nostra attività.
1. A detta di alcuni, noi saremmo in qualche modo collegati a Umberto Eco e/o saremmo stati suoi allievi, e/o Eco avrebbe collaborato a Q e/o lo avrebbe addirittura scritto lui e noi non saremmo altro che dei "presta-non-nome" e/o Q sarebbe un romanzo molto simile a Il nome della rosa.
Non ci sarebbe nulla di male, ma ci teniamo a precisare che non siamo collegati a Umberto Eco, non siamo stati suoi allievi, non avevamo in mente il suo primo romanzo quando ci siamo lanciati a capofitto nell'impresa di scrivere Q. Quest'ultimo ci sembra un libro molto diverso da Il nome della rosa. Diversa l'epoca (medioevo in un libro, nascita dell'era moderna nell'altro), diversa l'ispirazione (il giallo classico inglese da una parte, il romanzo d'avventure dall'altra), diverse l'ambientazione e la struttura (unità aristotelica in un libro, andamento picaresco e vagabondo nell'altro; limitata rosa di personaggi in un libro, sterminata moltitudine nell'altro), diversissime le scelte stilistiche. Certo, in entrambi i libri si narra di rivolte, eresia e inquisizione, ma allora si potrebbe fare un paragone anche tra Q e Taxi Driver (in entrambe le opere si parla di matti e papponi) o tra Q e il crack Parmalat (nel romanzo si parla di banche e di truffe).
"Temo che i giornalisti britannici si siano affezionati a quest'idea soltanto perché Il nome della rosa è l'ultimo libro italiano che hanno letto prima del nostro." (Wu Ming 1 intervistato da The Guardian, 28 agosto 2003). Cosa che, ovviamente, vale anche per qualche giornalista italiano.
2. A detta di alcuni, noi saremmo "situazionisti". In Gran Bretagna, poi, c'è chi si ostina a definirci "anarchici". Davvero, davvero, davvero perplimente. Questi epiteti hanno ancora qualche significato, oppure li si scaglia addosso alla gente un po' a casaccio, in mancanza di qualcosa di sensato da dire (e in seguito vengono ripresi in buona fede da altri, e dati per buoni)? Le nostre poetiche e strategie non hanno proprio nulla a che vedere con la teoria di quella che si definì "Internazionale Situazionista", compresi eredi e addentellati. Quanto agli anarchici, li rispettiamo (almeno alcuni), ma la nostra storia è differente.
3. Gira la voce che noi avremmo picchiato un fotografo "reo" di averci immortalati. Cambiano data e location, ma il succo delle differenti versioni è quello. Ebbene, non è mai successo, in nessuna circostanza. E' però vero che, come Awda Abū Tayy in Lawrence d'Arabia o King Kong nella famosa scena dei flash, noi non siamo animali da fotografia. Non andiamo nemmeno in tivù. Siamo timidi.