I contributi della psicologia culturale di Bruner e dell’approccio narrativo nei processi di cambiamento in psicoterapia

Silvia Lelli

1.  Noi narriamo ciò che siamo?

"Una è tanto più autentica quanto più assomiglia all'idea che ha sognato per sé stessa"
da "Tutto su mia madre" di Pedro Almodovàr

Nel definire e quindi descrivere l'approccio narrativo quale importante "strumento" è utile partire da alcuni concetti che ritengo possano chiarirne i presupposti e la valenza in ambito terapeutico.
A tale proposito Bruner (1990)  nel sua opera "La ricerca del significato" evidenzia come quel sistema di credenze, valori, atteggiamenti definiti dallo stesso con il termine di "psicologia popolare" debba essere oggetto di interesse e quindi di studio per la ricerca psicologica e per la psicologia in genere. "Psicologia popolare" che diviene "psicologia culturale" in quanto inserita in un particolare contesto storico-culturale dal quale non può prescindere.
Bruner (1990) presuppone che alla base dell'azione umana e perciò della sua intenzionalità ci siano aspetti di origine strettamente culturale.
La cultura, perciò, impone modelli che fanno parte dei suoi sistemi simbolici: tra questi le modalità linguistiche e di discorso e le forme di spiegazione logica e narrativa. Di conseguenza, i significati condivisi all'interno di una stessa cultura indirizzano le azioni umane individuali e le danno un senso.
A tal proposito è importante sottolineare come il lavoro psicoterapeutico in quanto “lavoro sulle narrazioni” debba tenere  conto del momento e contesto storico-culturale entro il quale viene a svilupparsi.
Diviene interessante, a questo punto, il concetto di coscienza storica  quale coscienza  di ordine superiore, caratteristica dell’essere umano, in grado di organizzare l’azione in modo originale in contrapposizione all’attivazione di una coscienza cosiddetta primaria priva di narrazioni del passato e di anticipazioni per il futuro.
La coscienza, quindi, diviene importante “strumento”  che permette di “scrivere” la nostra storia e di darle significato.
La capacità di “scrivere” e narrare, a sua volta, permette di mediare tra il mondo canonico della cultura e il mondo delle credenze, desideri e delle speranze.
Una delle caratteristiche della narrazione, afferma Bruner, è proprio quella di gestire gli scostamenti rispetto a ciò che è canonico, che corrisponde alla "norma".
Il narrare diviene  una sorta di "giustificazione"; la nostra capacità di   raccontare   e  
quindi di costruire una storia permette di dare un senso, un significato (o di ritrovarlo? ) ad un comportamento, ad un evento.
Noi perciò strutturiamo la nostra esperienza attraverso la narrazione.
Narrazione, che a sua volta, permette il ricordo dell'esperienza.
Perciò narrazione come costruzione della nostra esperienza, come veicolo per il ricordo e per la gestione dei conflitti.
Interessante è la definizione di Bruner (1993) per il quale la narrazione è una sequenza di eventi, stati mentali, situazioni che coinvolgono gli esseri umani come personaggi o come attori.
La capacità di narrare e di narrarsi non è caratteristica propria dell'età adulta; il bambino in età precoce (tre-quattro anni) dimostra una buona capacità di descrizione e rappresentazione di sé stesso e della realtà circostante  attraverso monologhi (il narrare "privato").
Quindi la narrazione è capacità di rappresentazione di sé stessi e del mondo propria  dell'essere umano sin da bambino e  ha basi culturalmente radicate.

2. La narrazione nel processo di cambiamento
                                                                           
                                                                   "Un uomo pensante non è prigioniero
                                                                del suo ambiente, né vittima della sua
                                                               biografia" Kelly

 

L'approccio narrativo trova una propria collocazione a partire dalla definizione di psicoterapia.
Il compito del terapeuta è quello di, all'interno di un percorso terapeutico, modificare dei processi psicologici la cui ubicazione può situarsi nelle credenze, nel sistema di pensiero, nell'organizzazione senso - percettiva e negli schemi di attribuzione di significati o relazionali.
La definizione di psicoterapia interattivo - costruttivista offre in misura maggiore spunto per la descrizione dell'approccio narrativo (White parla di metafora narrativa).
All'interno di tale orientamento viene analizzato la dimensione del significato ponendo l'enfasi sulla valenza discorsiva e narrativa della realtà.
Ciò significa che non esiste una realtà indipendente dal significato che le persone danno alle cose; la persona talvolta diviene prigioniera delle proprie strutture narrative, le quali possono diventare ottimi strumenti di cambiamento in mano al terapeuta.
Tale tipo di approccio basato sulla narrazione e sulla costruzione di storie che le persone raccontano e si raccontano al fine di organizzare e interpretare la loro esperienza viene ben descritto da White (1992).
A questo proposito White parla di storie dominanti saturate dal problema e di storie
alternative , nuove non saturate dal problema (le "storie uniche").
Una buona psicoterapia può essere, quindi, definita una "buona" conversazione con il paziente basata sulla narrazione di una storia, la storia del paziente.
Storia del paziente che necessita di una riscrittura.
Secondo White (1992) la riscrittura (il raccontarsi e il ri-raccontarsi) avviene proprio all'interno del contesto terapeutico.
A partire da una definizione di narrazione quale particolare sequenza le cui componenti risultano dipendere dalla loro ubicazione nell'ambito dell'intera trama, l'atto di comprendere un racconto, una storia è duplice: il terapeuta deve comprendere la trama per capire il significato delle sue componenti e collegare lo stesso significato alla trama sottostante (Pagliaro, Cesa-Bianchi, 1995).
Altri autori quali Hillman (1983) affermano che la psicoterapia stessa sia una particolare narrazione  e un particolare lavoro sulle narrazioni (riscritture?) nel momento in cui il racconto del paziente diventa l'occasione per creare una differente visione del mondo e di sé stessi.
La stessa "patologia" diviene un particolare struttura narrativa; la persona che sta "meglio" cambia il proprio modo di raccontare e di raccontarsi.
La metafora narrativa viene quindi utilizzata, in maniera più o meno esplicita, da diversi approcci psicoterapeutici.
Nell'ottica sistemico - relazionale il terapeuta, quale nuovo nesso all'interno della trama familiare, viene a costruire una storia insieme alla famiglia, attraverso la quale è possibile ricercare nuovi significati negli eventi e comportamenti reciproci (Cionini,1998).
Qui, nel corso del processo terapeutico, il terapeuta, intervenendo sulla spiegazione del cliente, promuove una rilettura degli eventi.
Rilettura possibile attraverso la capacità del terapeuta di cogliere gli elementi più salienti del racconto, allargarli e ricollegarli in un modo adeguato tra loro e infine costruire nuove ipotesi relazionali (metafora dell’imbuto rovesciato – Andolfi, 1994).
Le stesse pratiche psicoanalitiche, mediante la metafora della psicoterapia come archeologia (il terapeuta diviene abile archeologo nello scavare nella storia del paziente per riportare alla luce episodi significativi dell’infanzia) possono essere considerate quali ricostruzioni dettagliate (perciò riletture anche se meno “esplicite”)
di frammenti anche minimi allo scopo di chiarire e ampliare quanto narrato dal paziente (White, 1992).
Alice Miller, psicoanalista, nel suo lavoro “Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero Sé” utilizza termini quali riscrittura e continuazione in riferimento ad un lavoro terapeutico, seppur indirizzato al passato, di ricerca di elementi utili alla ricostruzione e quindi rilettura del presente.
La terapia diventa storia scritta a quattro mani e ciò accomuna i vari approcci. La narrazione è, quindi, co-creazione che ha valore di costruzione; costruzione che rimanda responsabilità e possibilità di prospettive differenti e strategie alternative (Pagliaro, Cesa-Bianchi, 1995). Responsabilità dell’individuo nel “fare storia”, nel costruire arbitrariamente la propria storia, producendo cambiamento. La persona è prigioniera della propria narrazione che utilizza per descrivere la realtà; grazie al percorso terapeutico, la persona cambia il proprio modo di raccontare e di raccontarsi.
Numerose sono le storie e il modo in cui vengono raccontate; alcune narrabili costruite mediante il racconto, altre traducibili, raccolte in immagini o in altri tipi di sequenze e altre ancora inenarrabili  perché storie di dolore (Veglia,1999).
E molti sono i canali attraverso i quali avviene la narrazione: conversazionali, emozionali, comportamentali, somatici (Salvini,1996).
Se da un lato, quindi, ci sono le numerose storie “portate” dal paziente, dall’altra c’è un delicato lavoro di “traduzione” del terapeuta. Al riguardo diviene importante lo strumento conversazionale (il linguaggio, le sue metafore) che , nell’atto di “tradurre”, permette di non perdere parti “pregnanti” di significato. In questo senso racconti in forma scritta quali ad esempio le autobiografie facilitano il lavoro di traduzione del terapeuta.
Le storie raccontate sembrano seguire temi specifici,  “canovacci” che fanno da guida e da filo conduttore.
Veglia (1999) si riferisce al  tema di vita  introducendo l’idea di un processo dinamico, che prende forma giorno dopo giorno, anno dopo anno sulla base degli eventi significativi che hanno caratterizzato le transizioni significative di vita, del modo in cui le persone le hanno affrontate e interpretate e delle conseguenze che questo processo ha portato.
Il tema di vita definisce gradualmente l’immagine di sé ma non ne comporta l’irreversibilità di direzione e sviluppo. Non è un copione ma piuttosto il genere narrativo con il quale la persona si racconta (Bruner,1996).
La psicoterapia nel confermare, riprendere, interpretare, trovare nuovo ordine, nuove soluzioni, nuove prospettive per le storie del paziente permette uno sviluppo più flessibile, ricco e armonico dei suoi temi di vita.