"Signore cos'è l'uomo ?" La domanda del Salmista, l'enigma della Sfinge e il pensiero di Gregory Bateson

Marco Deriu

Centro Studi Sereno Regis "Dove gli angeli esitano" Cinque incontri per conoscere Bateson, Torino, 12 dicembre 2000

Verso la fine del libro scritto grazie all'aiuto determinante della figlia Mary Catherine, Dove gli angeli esitano (1987, trad. it. 1989), Gregory Bateson ci rivela un fatto degno di nota: «All'enigma della Sfinge ho dedicato cinquant'anni della mia vita di antropologo». Si tratta di un'affermazione molto interessante. L'autore di cui ci occupiamo in questi incontri, ci da una chiave importante per individuare una specie di filo rosso nella sua storia di pensatore.
L'enigma della Sfinge, fa parte della mitologia greca. Secondo la tradizione a Tebe esisteva una Sfinge, ovvero un mostro demone, solitamente rappresentato con un corpo di leonessa alata e con un volto femminile. La sfinge voce di una sapienza misteriosa ed oscura, tiranneggiava su Tebe. Ad ogni persona che le passasse vicino, la Sfinge proponeva un enigma, e divorava chiunque non riuscisse a risolvere tale enigma. La leggenda racconta che Edipo, che fuggiva da Corinto, dopo aver ucciso inconsapevolmente Laio, presso le mura di Tebe incontrò la sfinge che gli pose il suo enigma: «Che cos'è che prima cammina su quattro gambe, poi su due e infine su tre?». Edipo riuscì a sciogliere l'enigma della Sfinge la quale, una volta vinta, si uccise. Grazie all'intelligenza di Edipo Tebe fu liberata dal giogo della Sfinge e per questo egli divenne l'eroe e il re di quella città.
            Si può collegare, come ha suggerito Bateson, questo enigma all'altrettanto celebre domanda del Salmo 8 attribuito a Davide nella Bibbia, in cui l'autore rivolgendosi a Dio chiede "Signore che cos'è l'uomo?", oppure traducendo differentemente "Signore chi è l'uomo?":

«O Signore, nostro Dio,
grande è il tuo nome su tutta la terra!
Canterò la tua gloria più grande dei cieli
Balbettando come i bambini e i lattanti.
Contro gli avversari hai costruito una fortezza
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
Se guardo il cielo, opera delle tue mani,
la luna e le stelle che vi hai posto,
chi è mai l'uomo perché ti ricordi di lui?
Chi è mai, che tu ne abbia cura?
L'hai fatto di poco inferiore a un dio,
coronato di forza e splendore,
signore dell'opera delle tue mani.
Tutto hai messo sotto il suo dominio:
pecore buoi e bestie selvatiche,
uccelli del cielo e pesci del mare
e le creature degli oceani profondi.
O Signore, nostro Dio,
grande è il tuo nome su tutta la terra!»

Per gran parte della sua vita Gregory Bateson ha cercato dunque di rispondere all'enigma della Sfinge richiamando al contempo la domanda del Salmista: "Signore che cos'è l'uomo?" o "Signore, chi è l'uomo?" Bateson si interrogava in questo modo:

«Che cosa pensiamo che sia un uomo? Che cosa vuol dire essere umani? Che cosa sono questi altri sistemi con cui entriamo in contatto e quali relazioni li legano?
Accanto all'enigma voglio proporvi un ideale: forse non è raggiungibile, ma almeno è un sogno che possiamo cercare di approssimare. Questo ideale è che le nostre tecnologie, i nostri procedimenti medici e agricoli, e i nostri ordinamenti sociali arrivino ad armonizzarsi con le migliori risposte che sappiamo dare all'enigma della Sfinge» (DAE. pp. 265-266).

Per Bateson è di importanza primaria il fatto che le nostre risposte a queste domande siano in armonia col modo in cui gestiamo la nostra civiltà e in armonia con il funzionamento effettivo dei sistemi viventi. Le sue ricerche e riflessioni hanno gettato le basi di quella che ha voluto chiamare "ecologia della mente" o "ecologia delle idee". Al centro di questa prospettiva sta il riconoscimento che i disastri ecologici che il genere umano ha causato nella modernità, più che da cattive intenzioni o azioni dipendono fondamentalmente da una cattiva "epistemologia", ovvero da un modo di pensare se stessi e il mondo "non ecologico". Rivediamo per esempio il modo in cui il salmista diverse migliaia di anni fa poneva la domanda.

chi è mai l'uomo perché ti ricordi di lui?
Chi è mai, che tu ne abbia cura?
L'hai fatto di poco inferiore a un dio,
coronato di forza e splendore,
signore dell'opera delle tue mani.
Tutto hai messo sotto il suo dominio:
pecore buoi e bestie selvatiche,
uccelli del cielo e pesci del mare
e le creature degli oceani profondi.

Già in questo salmo si vede che l'essere umano si rappresenta all'esterno del suo ambiente e quindi vi si contrappone per dominarlo. Viene ipotizzata una gerarchia degli esseri viventi, al cui vertice sta l'uomo, ritenuto di poco inferiore a un dio. Tutti gli altri animali sono sotto il suo dominio.
Sono passati qualche migliaia di anni eppure da questo punto di vista la nostra antropologia, la nostra cosmologia, la nostra concezione del vivente nei fatti non è cambiata granché. Pensiamo ad esempio alle nuove tecnologie mediche, ai trapianti d'organo e alle biotecnologie e a come una concezione gerarchica del vivente s'incontri con una mentalità economica e quantitativa.
Uno degli aspetti che più colpisce è che la medicina occidentale, grazie ai suoi progressi tecnoscientifici ha portato ad una crecente tendenza a trasformare lo stesso corpo umano in oggetto di compravendita. Così, cervello a parte, quasi tutto il corpo maschile e femminile è oggi esposto al commercio: il sangue, gli organi, l'utero, gli spermatozooi, gli ovuli, le sequenze di dna. L'innovazione della medicina e delle tecnologie e l'attecchire delle concezioni mercantili anche in campo medico hanno contribuito all'affermazione di un'idea dell'essere umano come insieme di pezzi di ricambio utili e sostituibili. In questo campo il potere della medicina moderna si incrocia chiaramente anche con le asimmetrie socio-economiche e le ingiustizie dei rapporti nord-sud. Oggi sappiamo che esiste un turismo medico dai paesi ricchi verso i paesi poveri finalizzato a trovare e a farsi impiantare a pagamento organi umani. In molti paesi del sud del mondo alcune persone sono costrette dall'indigenza a vendere una parte del proprio corpo, inoltre in molti paesi (per esempio in India, Argentina, Colombia, Brasile, Messico, Cina) le persone (barboni, poveri, malati mentali, bambini) sono rapiti e operati per espiantare organi (reni, pancreas, occhi, polmoni ecc.) destinati a persone facoltose dei paesi più ricchi. Alcuni esseri umani sono ridotti dunque a pezzi di ricambio per altri. Inoltre sapete che tra le varie direttrici di ricerca in campo biotecnologico c'è anche lo studio di animali, in particolare di maiali, che possano venir usati come portatori per la crescita di organi umani destinati al trapianto in esseri umani.
Vedete che nel cuore del nostro moderno, della scienza, della tecnologia e perfino della medicina ritroviamo la stessa concezione gerarchica della vita. In cima i più ricchi, sotto i poveri, sotto ancora gli animali, e infine con indifferenza crescente verso le piante e i vegetali. Tutto è sotto il dominio della minoranza abbiente del mondo. E i poveri e gli animali sembrano aver diritto di vivere sono in quanto mezzi per gli uomini occidentali.
Bateson era convinto che alcuni modi di pensare l'essere umano, ovvero alcune risposte alla domanda "che cos'è l'uomo" siano profondamente sbagliate, per esempio: «Di tutti gli organismi immaginari (draghi, protomolluschi, anelli mancanti, déi, demoni, mostri marini e così via) - sottolinea Gregory Bateson -, il più ottuso è l'uomo economico. È ottuso perché i suoi processi mentali sono tutti quantitativi e le sue preferenze sono transitive» (DAE, p. 263).
Ma il fatto che siano sbagliate non significa che non siano credibili, o addirittura che non funzionino.

«Le premesse errate, in effetti, funzionano. D'altra parte, le premesse sbagliate funzionano solo fino a un certo limite, e se uno si porta dietro gravi errori epistemologici, a qualche stadio o in certe circostanze si accorgerà che quelle premesse non funzionano più; e a questo punto scoprirà con orrore che è tremendamente difficile liberarsi dall'errore che ci sta appiccicato addosso» (VEM, p. 498)

Pensate allo sfruttamneto e alla distruzione delle risorse naturali, al consumismo e all'inquinamento. Tutto questo in una società di mercato come la nostra appare razionale. Finchè non ci rendiamo conto degli effetti devastanti di queste cose sul clima, sulle intemperie, sulla siccità. Ma a questo punto è molto difficile tornare indietro o non commettere altri errori cercando di tamponare il problema con soluzioni ad hoc.
Per uscire da una situazione degradata bisogna riconoscere le premesse da cui si è partiti, uscire dallo schema, dalla cornice mentale ed epistemologica in cui ci si sta muovendo.
Marianella Sclavi, credo ci aiuterà a capire su come si esce dai contesti di cui siamo parte e svilupparà questo tipo di riflessione.
Io vorrei invece dire ancora qualcosa su alcuni suggerimenti di Bateson per affrontare l’antica domanda del salmista.

Apprendere a domandare

Come abbiamo visto la forma dell'enigma o della questione è molto familiare a Bateson «All'enigma della sfinge ho dedicato cinquant'anni della mia vita di antropologo». Ogni volta ha riproposto la domanda del salmista in una forma nuova. Credo che ci sia qui una prima parziale acquisizione. Bateson non è un pensatore che ha presentato un corpus coerente di dottrine, una teoria unificata, coesa e conclusa. Al contrario il suo pensiero è interessante oggi proprio perché al di là dei risultati e delle conclusioni parziali proposte, il suo pensiero è aperto. Ci permette di continuare a interrogarlo e a interrogarci. Il libro Mente e Natura del 1979, si conclude con un metalogo che si intitola "E allora?" in cui c'è questo scambio:

«F. Per favore, papà, smettila: come ci avviciniamo a una possibile domanda, tu subito ti scansi. C'è sempre un'altra domanda, a quanto pare. Se tu potessi ropondere a una domanda. Una sola.
P. No, non capisci. Che cosa dice e.e. cummings? "Sempre la più bella risposta a chi fa la domanda più difficile". Qualcosa del genere. Vedi, io non faccio ogni volta una domanda diversa, io rendo più ampia la stessa domanda» (p. 280).

Attenzione a quello che facciamo finta di essere
Nel libro La matrice sociale della psichiatria, Bateson sottolinea il fatto che ci sono verità la cui validità dipende esattamente dalla fiducia che la persona vi ripone (p. 249).
Dopo l'esperienza della sua malattia commenterà ancora a questo proposito:

«Vedi, vedi con gli esseri umani c'è il problema che se pensiamo a loro come se fossero pezzi di legno, finiscono col somigliare a dei pezzi di legno. Se li pensiamo come mascalzoni, tenderanno alla mascalzonaggine, presidenti inclusi. Se li pensiamo come artisti… e così via» (DAE, p. 108).

Si evidenzia quindi un elemento autoricorsivo, «ciò che le persone ritengono umano sarà da loro reso parte delle premesse dei loro ordinamenti sociali; e ciò che viene così assimilato sarà sicuramente appreso e diventerà parte del carattere di quanti vi partecipano».
Da questo punto di vista Bateson richiama anche un avvertimento importante di Kurt Vonnegut in Madre Notte: «noi siamo quello che facciamo finta di essere, sicché dobbiamo stare molto attenti a quel che facciamo finta di essere».

«Ho ricordato prima che fa parte della natura umana apprendere non solo dettagli ma anche profonde filosofie inconsce, diventare ciò che fingiamo di essere, assumere la forma ed il carattere che la nostra cultura ci impone. I miti in cui la nostra vita è immersa acquistano credibilità via via che diventano parte di noi, indiscutibili, profondamente immersi nel carattere, spesso a livello non consapevole, sicché sono essenzialmente religiosi, sono oggetto di fede» (p. 273).

Come si nota non c'è traccia di essenzialismo: per Bateson la natura umana in una certa misura si autoconvalida. La risposta che possiamo dare all’enigma è quindi sempre il risultato del modo in cui formuliamo il nostro enigma.

Una risposta estetica oltre l'antropocentrismo

Per Bateson è necessario far spazio a un modo nuovo di concepire il nostro stesso essere creature viventi più estetico ed insieme più ecologico. La soluzione alla domanda che “cos’è l’essere umano?” per Bateson deve essere trovata attraverso il riconoscimento e la consapevolezza di quella “trama che connette” le forme viventi tra loro. L’essere umano cioè non può essere pensato fuori dalle sue relazioni con le altre forme viventi. Non c'è nessun fondamento oggettivo nella distinzione tra un organismo e il suo ambiente "esterno". In realtà esiste un continuum inscindibile tra organismo e ambiente. Da un punto di vista pratico sono possibili diverse forme di codificazione nell'identificazione del rapporto tra organismo e ambiente. Anzi, secondo Bateson, nessuno si rende ben conto di ciò che include nel concetto che ha di sé e sulla base di quali criteri avviene tale delimitazione.
Il modo nuovo in cui Bateson ripropone l’antica domanda - ispirandosi a una formulazione del neuropsichiatra Warren McCulloch - è da questo punto di vista significativo:

 «Che cos’è un uomo, che può conoscere i sistemi viventi e agire su di essi, e che cosa sono questi sistemi, che possono essere conosciuti? Le risposte a questo duplice enigma devono essere costruite intrecciando insieme la matematica, la storia naturale, l’estetica e anche la gioia di vivere e di amare» (DAE pp.272-273).

Per quanto riguarda l'estetica, Bateson ritiene che vi siano dei legami stretti tra verità scientifica, bellezza e morale. Opinioni errate sulla propria natura di esseri viventi conducono ad azioni immorali o brutte.
 
«A me sembra che, pur senz'alcuna analisi esauriente dei relativi fattori cibernetici, certe persone si astengano dalle azioni che produrrebbero bruttezza, e che esistano persone col "pollice verde" nelle loro relazioni con gli altri sistemi viventi. Sono incline ad associare questo fenomeno a una sorta di giudizio estetico, a una consapevolezza dei criteri dell'eleganza e di certe combinazioni dei processi che portano all'eleganza anziché alla bruttezza» (G. Bateson, Una sacra unità, p. 388)

Dunque è fondamentale ritrovare uno sguardo e una sensibilità estetica.
I poeti - era solito affermare Gregory Bateson - guardano le cose diversamente dagli scienziati o dalle persone comuni. Un poeta che guarda una conchiglia, per esempio, potrebbe notare la sua forma a spirale e riconoscere come questa conchiglia somigli a una poesia, e come poesia e conchiglia somiglino entrambe al poeta. La forma geometrica e a spirale della conchiglia è tutta impregnata del racconto della sua crescita individuale e della sua evoluzione. Così i versi e il ritmo di una poesia, narrano della sua crescita, parola dopo parola, attraverso la mente del poeta nel foglio scritto.
Allo stesso modo il nostro corpo e la nostra psiche non sono altro che il risultato dello svolgimento di una storia. Non c'è alcuna scissione tra mente e corpo. Non si da alcun dualismo.

Pensare in termini di storie

Noi siamo la nostra storia. E in questa storia che si forma e si definisce nel senso più profondo la nostra libertà e apertura costitutiva in quanto esseri viventi:

«…il fatto di pensare in termini di storie non fa degli esseri umani qualcosa di isolato e distinto dagli anemoni e dalle stelle di mare, dalle palme e dalle primule. Al contrario, se il mondo è connesso, se in ciò che dico ho sostanzialmente ragione, allora pensare in termini di storie dev'essere comune a tutta la mente o a tutte le menti, siano esse le nostre o quelle delle foreste di sequoie e degli anemoni di mare. Il contesto e la pertinenza debbono essere caratteristici non solo di tutto il cosiddetto comportamento (le storie che si manifestano all'esterno in 'azione'), ma anche di tutte le storie interne, le sequenze del processo costitutivo dell'anemone di mare, La sua embriologia dev'essere fatta in qualche modo della sostanza di cui son fatte le storie. E risalendo ancor più indietro, il processo evolutivo che, attraverso milioni di generazioni, ha generato l'anemone di mare, così come ha generato voi e me, anche questo processo dev'essere fatto della sostanza di cui sono fatte le storie» (G. Bateson, Mente e natura, pp. 28-29).

 Questa scoperta rivela a Bateson una conformità tra storia microcosmica o individuale e storia macroscopica dell'evoluzione del vivente:

«Io vado sempre cianciando di quella che chiamo "storia naturale" e dico sempre che senza storia naturale ogni conoscenza è morta, opaca o bigotta. E ora di colpo sembra che la storia naturale di quella quercia sia la mia (e tua) storia naturale. O almeno sembra che ci sia una storia naturale macrocosmica a cui tutte le piccole storie naturali si conformano a un punto tale che, se se ne capisce una piccola, si hanno indicazioni per capire quella grande» (G. Bateson, Una sacra unità, Adelphi, Milano, 1997, p. 354).

Chi è Gregory Bateson?

Per concludere: tutto questo ci da qualche stimolo anche per rispondere ad un'altra domanda più concreta? Ovvero chi è Gregory Bateson?
Nell'introduzione al libro che ho curato per Bruno Mondadori, ho suggerito un modo nuovo per rispondere a questa domanda. Mi pare importante per comprendere il pensiero di uno studioso, ancora di più nel caso di Bateson, affrontare contemporaneamente le idee e le riflessioni insieme alla vita e alle vicende biografiche personali e relazionali. La "vita" del pensiero è fondamentale soprattutto se si tratta di un pensiero, come quello di Bateson, impegnato a comprendere e interpretare "il vivente". Il soggetto del pensiero è una vita, non una testa. L'elemento biografico e personale, in maniera più o meno esplicita, è sempre al centro, al cuore della ricerca e della "scoperta" scientifica. È nella vicenda biografica, negli incontri, nei lutti, negli eventi, che prendono corpo quelle domande a cui Gregory Bateson tenta di trovare risposta nelle proprie riflessioni e nelle proprie indagini.
Nell'introduzione al libro che ho curato , sottolineavo come i libri più celebri di Gregory Bateson furono pubblicati in età molto avanzata. Verso un'ecologia della mente è del 1972 (Bateson ha 68 anni) Mente e natura esce nel 1979 quando Bateson ha ben 75 anni. In realtà ci troviamo di fronte a una persona fortemente travagliata con una vita segnata da lutti, relazioni naufragate, delusioni intellettuali, ripetute sconfitte professionali, momenti di difficoltà sociale ed economica e, a tratti, di disperazione. Eppure tutti questi fatti si connettono a una tenacia e a una capacità di ripartire ogni volta, aiutato dalle persone che di volta in volta gli erano vicine: la capacità di aprire sempre nuovi campi di ricerca, di imparare dai propri vissuti, di mettere a segno idee, intuizioni, scoperte, ipotesi in attesa che qualcuno si fermi a sentirlo. Per gran parte della sua vita Bateson ha lavorato senza ricevere grandi riconoscimenti materiali e sociali, con la sensazione, tuttavia, di stare conducendo esperienze e ricerche importanti. Nell'introduzione a Verso un'ecologia della mente (Bateson, 1972a, trad. it. 1976) Bateson riconosce esplicitamente di aver provato la sensazione di fallimento o di insuccesso professionale in almeno quattro occasioni della sua vita: la prima spedizione antropologica tra i Baining, la ricerca sui delfini, la pubblicazione di Naven, la prima ricerca al Veterans Administration Hospital. Eppure lavorava probabilmente con l'urgenza di chi sa che «la grande scoperta, la risposta a tutti i nostri problemi, oppure la grande creazione, il sonetto perfetto sono sempre appena fuori della nostra portata» (Bateson, 1972a, trad. it. p. 215).
            Il punto fondamentale, in quest'epoca di crisi delle grandi narrazioni è di non fare di Bateson un nuovo guru. Non collocarlo su un altarino, non farne un feticcio, non trasformarlo in un nuovo riferimento ideologico.
            Mary Catherine, per il suo libro Comporre una vita (Feltrinelli, 1992) si è ispirata al padre. Mi sembra che abbia suggerito il modo migliore per avvicinarci a Bateson. Il libro parla della capacità di improvvisazione e sintesi creativa nella composizione delle nostre vite. La vita per lei è un'«arte dell'improvvisazione, sul modo in cui ciascuna di noi combina ciò che è familiare e ciò che è sconosciuto in risposta a situazioni nuove, seguendo una grammatica di fondo e un'estetica in divenire. […] È tempo adesso di esplorare il potenziale creativo di vite disseminate di discontinuità e conflitti, di vite in cui le energie non siano concentrate in un ambito ristretto o permanentemente rivolte a una singola aspirazione».


Marco Deriu (a cura di), Gregory Bateson, Bruno Mondadori, Milano, 2000.

Bibliografia

VEM = Bateson, G. Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1976 (ed. orig. Steps to an Ecology of Mind, Ballantine, New York,1972).
MEN = Bateson, G., Mente e natura. Un’unità necessaria, Adelphi, Milano, 1984(ed. orig. Mind and Nature: A Necessary Unity, Dutton, New York, 1979).
DAE = Bateson, G., Bateson M. C., Dove gli angeli esi­tano. Verso un’epistemologia del sacro, Adelphi, Milano, 1989(ed. orig. Angels Fear. Toward an Epistemology of the Sa­cred, Macmillan, New York, 1987).
USU = Bateson, G., Una sacra unità, Adelphi, Milano, 1997 (ed. orig. A Sacred Unity. Further Steps to an Ecology of Mind, ed. by R. E. Donaldson, Harper Collins, New York, 1991).

Bateson, G. (1935), Naven, Cambridge UP, Cambridge (trad. it. della seconda ed. [1958], Naven, Einaudi, Torino, 1988).
Bateson, G. (1953), The Position of Humour in Human Communication, in H. von Foerster, M. Mead, H.L. Teuber, eds, Cybernetics: Circular Causal and Feed-back Mechanisms in Biological and Social Sciences, Josiah Macy Foundation, New York, pp. 1-47 (trad. it. in Aut aut, n.2, 1997).
Bateson, G. (1956), The Message ‘This Is Play’, in B. Schaffner, ed., Group Processes, Josiah Macy Foundation, New York, pp. 145-242 (trad. it. ‘Questo è un gioco’, Raffaello Cortina, Milano, 1996).
Bateson, G. (1972), “Cybernetic Explanation”, in Id. Steps to an Ecology of Mind, Ballantine, New York, pp. 399-410 (non incluso nell’edizione italiana, di prossima pubblicazione in P. Perticari, a cura di, Conoscere e lasciar conoscere, La Nuova Italia, Firenze).
Brunello, S. (1992), Gregory Bateson: verso una scienza eco-genetica dei sistemi viventi, GB, Padova.
Capra, F. (1982), The Turning Point, Wildwood House, London (trad. it. Il punto di svolta, Feltrinelli, Milano, 1984).
Cassano F. (1989), “Il gioco della scienza”, in Rassegna Italiana di Sociologia, XXX, n. 1, pp. 3-30.
Ceruti, M. (1986), Il vincolo e la possibilità, Feltrinelli, Milano.
Conserva, R. (1996), La stupidità non è necessaria. Gregory Bateson, la natura e l’edu­cazione, la Nuova Italia, Firenze.
Cronen, V.E., Johnson, K.M., Lannaman, J.W. (1983), “Paradossi, doppi-legami e circuiti riflessivi: una prospettiva teorica alternativa, in Terapia familiare, n. 14, pp. 87-120.
De Biasi R., a cura di (1992), “Bateson: dove gli angeli esitano”, numero monografico di Aut Aut, n. 251.
De Biasi, R. (1996), Gregory Bateson. Comunicazione, antropologia, ecologia, Libreria Cortina, Milano.
De Michelis, G. (1990), “L’informazione si genera nell’ascolto”, in Oikos, n. 1, pp. 115-129.
Dell, P. F. (1985), “Understanding Bateson and Maturana: Toward a Biolo­gical Foun­dation for the Social Sciences”, in Journal of Marital and Family The­rapy, vol. XI, n. 1, pp. 1-20.
Eco, U. (1990), I limiti dell’interpretazione, Bompiani, Milano, 1990.
Fœrster, H. von (1981),Observing Systems, Intersystems Publica­tions, Sea­side, Cal. (trad. it. Sistemi che osser­vano, Astrola­bio, Roma, 1987).
Fruggeri, L. (1998), “La ricerca sociale come processo di interazione”, in S. Manghi, a cura di, Attraverso Bateson. Ecologia della mente e re­lazioni sociali, Raffaello Cortina, Milano, pp. 83-97.
Girard, R. (1978), Des choses cachées depuis la fondation du monde, Grasset, Paris (trad. it. Delle cose nascoste fin dall’origine del mondo, Adelphi, Mi­lano, 1982).
Greppi, A., Moietta, E. (1994), Giochi con carte truccate. La tautologia in Bateson, Pellicani, Roma.
Heidegger, M. (1950), Holzwege, Klostermann, Frankfurt/Main (trad. it. Sentieri interrotti, La Nuova Italia, Firenze, 1966).
Iacono, M. A. (1998), “Gregory Bateson: aspetti epistemologici della critica al dualismo, in S. Manghi, a cura di, Attraverso Bateson. Ecologia della mente e re­lazioni sociali, Raffaello Cortina, Milano, pp. 215-225.
Ingrosso, M. (1998), “Verso un’estetica delle relazioni. Gregory Bateson e le scienze sociali”, in S. Manghi, a cura di, Attraverso Bateson. Ecologia della mente e relazioni so­ciali, Raffaello Cortina, Milano, pp. 133-152.
Manghi, S. (1990), Il gatto con le ali. Ecologia della mente e pratiche sociali, Feltri­nelli, Milano.
Manghi, S. (1995a), “Dove mi porta il cuore? Estetico e morale nelle relazioni d’aiuto”, in Animazione Sociale, n. 8/9, pp. 10-19.
Manghi, S. (1995b), “Interpensare. Individui, relazioni, collettivo”, in Rivista Italiana di Gruppoanalisi, nn. 3/4, pp. 9-24.
Manghi, S. (1996), “Per un’estetica del conoscere. Scienza, bellezza e interazioni socia­li”, in Pluriverso, n. 3, pp. 83-91 in corso di stampa, in inglese, in World Futures).
Manghi, S. (1997), “Il buon seme. Le responsabilità dell’altruismo nel tempo della morale perduta”, in Iride, pp. 293-308.
Manghi, S. (1998a), a cura di, Attraverso Bateson. Ecologia della mente e re­lazioni sociali, Raffaello Cortina, Milano.
Manghi, S. (1998b), “Il canto che crea. Idee per un’ecologia del conoscere”, Relazione al convegno Gli uomini sono erba. La natura dell’apprendere e del pensare. Giornate di Studio su Gregory Bateson, CIDI, Roma 13-14 febbraio 1998 (in corso di stampa in Pluriverso).
Manghi, S. (1998c), “La tana del cuore. Appunti sulla natura sociale delle emozioni”, in Pluriverso, n. 2, pp. 32-43.
Manghi, S. (1998d), “Je sens, donc nous pourrions… Pour une théorie sociale des émotions”, Relazione al I Congrès Inter-Latin pour la Pensée Complexe, Rio de Janeiro in corso di stampa in Sociétés, e, in italiano, in Rivista Italiana di Gruppoanalisi.
Maturana H., Varela, F. (1980), Autopoiesis and Cognition. The Realisa­tion of the Living, Reidel, Dordrecht (trad. it. Auto­poiesi e cogni­zione, Marsilio, Pa­dova, 1985).
Qvortrup, L. (1993), “The Controversy over the Concept of Information”, in Cybernetics & Human Knowing, vol. I, n. 4, pp. 3-24.
Ruesch, J., Bateson, G. (1968), Communication. The Social Matrix of Psychiatry, Norton, New York (trad. it. La matrice sociale della psichiatria, Il Mulino, Bologna, 1976).
Tamburini, P. (1996), Arte e scienza nell’ecologia della mente, Macro edizioni, Sarsina (FO).
Tomelleri, S. (1996), René Girard. La matrice sociale della violenza, Angeli, Milano.

NOTA successiva:   Il volume di S. Manghi, Il gatto con le ali, è stato ri-edito nel 2000, in versione più ridotta e ampiamente riveduta, presso l'editore Asterios, Trieste


phx