Blumer e l'interazionismo simbolico

Il sistema di Mead può essere sviluppato in diverse direzioni. Una di queste mette in primo piano la fluidità e la negoziabilità dell'ordine sociale: è la strada che ha imboccato Herbert Blumer sollecitato dalla tendenza della scuola di Chicago. Una direzione completamente opposta sottolinea il fatto che il sé è incanalato in un insieme di ruoli sociali e da essa prende l'avvio la cosiddetta teoria del ruolo sociale. Esaminiamole separatamente.
Abbiamo notato che George Herbert Mead non era un sociologo e che nel corso della sua vita pubblicò rari scritti sociologici. Tuttavia le lezioni che teneva presso l'università di Chicago negli anni '20 erano assai conosciute dagli studenti di sociologia. Erano gli anni in cui la sociologia americana stava costruendo la prima vera tradizione di ricerca sotto la guida dei sociologi di Chicago W.I. Thomas e Robert E. Park. Dal punto di vista teorico, questi sociologi non erano troppo solidi e i loro interessi di ricerca tendevano a concentrarsi sui problemi della grande città moderna e dell'assimilazione dei nuovi immigranti nella società americana. Le conclusioni teoriche alle quali giunsero erano di tipo ecologico e strutturale e non microinterazionista. Ma W.I. Thomas, che possedeva una certa preparazione nel campo della filosofia tedesca per aver soggiornato in Germania negli anni del volgere del secolo, accentuò un elemento volontaristico che ben si adattava alla parte attivistica del pensiero di Mead. Nelle pagine di un volumetto dedicato ai problemi sociali che reca il titolo di The Child in America, Thomas scrisse una breve frase che in seguito è diventata celebre come il "teorema di Thomas". "Se gli uomini definiscono reale una situazione, essa sarà reale nelle sue conseguenze". E' questo il punto culminante. La vita sociale ha la caratteristica che tende a diventare ciò che la gente pensa che sia. Se si comincia a definire prestigioso un certo comportamento, la gente tenderà a seguirlo; se viene definito in modo contrario, diventerà socialmente deviante e quindi evitato da parte di coloro che intendono essere rispettabili.
Ciò rende la vita assai fluida e suscettibile di rapidi cambiamenti. Se cambia la definizione di una situazione, cambia il comportamento che essa produce, talvolta in modo impressionante. Questa interpretazione del pensiero di Mead fu messa in evidenza da Herbert Blumer quando prestava servizio come giovane docente presso il dipartimento di sociologia dell'università di Chicago. Nel 1931, dopo la morte di Mead, Blumer divenne il suo più acceso portavoce. Per riassumere la posizione di Mead, che egli sosteneva di riproporre fedelmente, coniò il termine di "interazionismo simbolico". Ma non dobbiamo dimenticare che su questo punto si è avuta una notevole controversia. L'interazionismo simbolico di Blumer si avvicina molto più alla "definizione della situazione" di Thomas che a quella parte del pensiero di Mead che segue il comportamentismo di Watson, e si differenzia molto dalla posizione dei teorici del ruolo che cercavano di cristallizzare Mead in un insieme deterministico di leggi esplicative.
Nell'interazionismo simbolico di Blumer vi è forse anche un elemento della filosofia di John Dewey. Anche Dewey era stato professore presso la facoltà di filosofia dell'università di Chicago prima di passare alla Columbia University ed è quindi probabile che abbia contribuito a determinare l'atmosfera intellettuale che circondava Blumer. Dewey ha attaccato il modello utilitaristico dell'attore razionale che sceglie i mezzi per realizzare i fini cercando di massimizzare le ricompense e di minimizzare le punizioni. Secondo Dewey, i mezzi e i fini non sono veramente separati nel mondo reale. Nelle situazioni comuni un individuo di solito non fa che agire trovando i fini nello stesso momento in cui trova i mezzi per conseguirli. Una situazione sfocia in un'altra senza l'intervento di una mentalità razionale calcolatrice.
Blumer adottò questo modello situazionale portandolo alle estreme conseguenze. Gli individui non trovano i ruoli già confezionati, ma li creano e li ricreano di volta in volta nel susseguirsi delle situazioni Le cosiddette istituzioni sociali - lo stato, la famiglia, l'economia - esistono solo in quanto gli individui entrano in contatto tra loro nelle diverse situazioni. Gli individui agiscono insieme perché insieme costruiscono delle azioni. Ciò avviene in forza del meccanismo messo in luce da Mead: ogni individuo si proietta (cioè proietta l'aspetto del "me" del proprio sé) in diverse possibilità future; ognuno assume il ruolo dell'altro per vedere quali saranno le reazioni alla sua azione; di conseguenza sceglie le sue azioni a seconda delle conseguenze che prevede nelle reazioni delle altre persone. La società non è una struttura, ma un processo. Le definizioni delle situazioni emergono da questa continua negoziazione di prospettive. La realtà è una costruzione sociale. Se essa assume la stessa forma in modo ricorrente, ciò avviene solo perché coloro che partecipano alla negoziazione hanno elaborato la stessa soluzione e perché non c'è alcun motivo per cui debbano agire diversamente la prossima volta.
La versione che dà Blumer dell'interazionismo simbolico privilegia la spontaneità e l'indeterminatezza. Tutte le istituzioni possono cambiare; la società può andare incontra ad un'eruzione rivoluzionaria. Nella sociologia americana questa posizione non è mai stata dominante. Anche quando Blumer era nel pieno della sua carriera, gli approcci di tipo evoluzionistico ed ecologico hanno dato il via da un lato allo struttural-funzionalismo di Talcott Parsons e di Robert Merton e poi, dall'altro, alla crescente affermazione delle teorie macrosociologiche del conflitto. Tuttavia Blumer ha fatto dell'interazionismo simbolico una forte corrente sotterranea e una voce di opposizione. Ha criticato vivacemente tutte le posizioni rivali che a suo avviso reificano la struttura sociale perdendo di vista la realtà prima: il fatto che gli individui negoziano le situazioni sociali. Secondo Blumer il funzionalismo è un gioco irreale di categorie astratte. Le indagini sul campo e i metodi quantitativi di ricerca in generale (che si diffusero sempre più in una delle correnti della sociologia a partire dagli anni '50) furono ugualmente condannati da Blumer perché perdevano di vista l'essenza della vita sociale. Le risposte ai questionari riguardanti gli atteggiamenti dell'individuo - sosteneva Blumer - sono del tutto irreali, perché sono astratte rispetto alle situazioni reali in cui egli agisce. Chiedere ad una persona quali sono i suoi atteggiamenti verso i rapporti razziali, ad esempio, non serve ad altro che a mostrare come si comportano gli individui in una situazione di conversazione con un intervistatore e non ha nulla a che fare con il modo reale di comportarsi con persone bianche o di colore. Le critiche di Blumer hanno colpito nel vivo i suoi oppositori, tanto che uno di loro lo ha accusato di essere "l'affossatore della ricerca sociologica".
Comunque Blumer ha avuto una notevole influenza. Rimase per 20 anni all'università di Chicago e diresse il prestigioso America Journal of Sociology; poi, negli anni '50 si trasferì nella costa occidentale dove organizzò un famoso dipartimento di sociologia presso la University of California a Berkeley. L'interazionismo simbolico non si limitò alla critica delle altre correnti della sociologia, ma dette vita ad una propria tradizione di ricerca. Forte dell'esperienza della scuola di Chicago nel campo dell'osservazione partecipante, ha sviluppato una teoria delle occupazioni e delle professioni nella quale queste non figurano come entità, ma come processi, come forme di interazione negoziate dagli stessi soggetti che vi partecipano. Sotto la direzione di Everett Hughes, collega di Blumer, l'approccio interazionista allo studio delle professioni è servito come strumento per analizzare i medici, gli avvocati e i bidelli in quanto individui intenti ad occultare gli aspetti sporchi del loro lavoro e a manipolare la loro immagine pubblica. [L'influenza empirica di questa analisi su Erving Goffman è ormai evidente, anche se Goffman ha tratto le sue interpretazioni teoriche partendo da una tradizione diversa, quella durkheimiana.] L'immagine che affiora è ben diversa da quella ufficiale, elogiativa, delle professioni presentate dai funzionalisti. E' invece una specie di resoconto delle politiche occulte delle professioni.
L'altro caposaldo dell'interazionismo simbolico è rappresentato dal campo della devianza. Ricercatori come Alfred Lindesmith, Howard Becker e Edwin Schur hanno fatto proprio un approccio "dall'interno" alle situazioni e ai modi di vedere dei delinquenti, degli alcolizzati, dei drogati e degli altri individui che violano i criteri di giudizio della società invece di accettare il punto di vista ufficiale delle agenzie di controllo sociale. Essi hanno messo in chiaro in che modo i "devianti" vivono le loro "carriere" e giungono ad un'interpretazione di se stessi che li porta a seguire un itinerario opposto a quello dell'agire "retto" e "onesto". Da questo punto di vista, la "devianza" non è una categoria da dare per scontata; i criteri che vengono violati non sono una entità oggettiva, ma a loro volta sono oggetto di negoziazioni politiche. Edward Schur descrive come nascono i "crimini senza vittime", quali l'uso di stupefacenti, il gioco d'azzardo o l'aborto e Howard Becker ha proposto il concetto di imprenditori morali per analizzare le manovre delle persone che, trovandosi in una posizione ufficiale, cercano di creare le categorie della devianza da imporre ad altri.
L'interazionismo simbolico ha fatto propria la prospettiva del perdente che contrasta in modo stridente con i luoghi comuni sulla società che Cooley era solito avvalorare. Negli ultimi 70-80 anni si è passati così da una concezione molto legata alla definizione ufficiale alla coscienza del mondo sotterraneo, e la critica di Blumer della sociologia ufficiale ha segnato il punto di svolta. Negli ultimi anni l'interazionismo simbolico ha fatto registrare, almeno in alcuni sociologi, una convergenza con l'approccio del conflitto marxiano. Ciò non vale per tutte le varianti della teoria del conflitto e in particolare per quelle più spiccatamente materialistiche, ma l'interazionismo simbolico di per sé si adatta abbastanza bene ad una versione antipositivistica e antiscientifica del marxismo che mette in evidenza le caratteristiche di transitorietà e di arbitrarietà dell'ordine sociale capitalistico. Questa convergenza ha una profonda logica intellettuale dato che entrambe le tradizioni derivano dagli stessi lontani antenati, la filosofia idealista e la filosofia storicista di Hegel e di Dilthey.
C'è da notare tuttavia che non tutti i seguaci di Mead hanno sviluppato il loro pensiero in questa direzione. C'è un'altra branca detta anch'essa interazionismo simbolico - anche se stavolta va sotto il nome di "teoria del ruolo" - che tenta di elaborare una teoria scientifica generale del sé in rapporto alla struttura sociale. Secondo questa linea di analisi, le istituzioni sociali sono costituite dai ruoli ai quali gli individui si adattano. La famiglia è costituita dai ruoli di padre, di madre, di figlio, di fratello, di sorella e così via. Questi ruoli non sono il frutto delle negoziazioni tra gli individui, ma esistono già prima di loro. Questa teoria si collega con l'immagine funzionalista della società, specialmente laddove dice che i ruoli sono determinati dall'istituzionalizzazione di norme e valori. Essa può sembrare in una certa misura una vuota categorizzazione, ma una parte di essa tenta di analizzare empiricamente le differenze che si possono notare nel comportamento degli individui. La parte più elaborata di questa teoria si occupa di molteplici ruoli che un individuo può ricoprire, cioè dell'"insieme dei ruoli" ("role set") (termine coniato da Robert Merton che ha integrato la teoria del ruolo nella sua analisi funzionalista). Un individuo può essere simultaneamente moglie (per il marito), madre (per i figli), figlia (per i genitori(\), impiegata (per il datore di lavoro), dirigente (per il consiglio di istituto della scuola frequentata dal figlio) e così via. Sorge allora il problema: come si comporta l'individuo di fronte ai possibili conflitti che possono insorgere tra le diverse parti dell'insieme di ruoli? Nella parte più raffinata della teoria, sviluppata da Ralph Turner, ci viene offerta una serie di proposizioni che cercano di predire in quali ruoli è più probabile che l'individuo trovi alloggio, cioè quali sono i ruoli nei quali l'individuo si identifica di più sentendovisi veramente se stesso e quali altri invece considera più superficiali.


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