Il pensiero di Ferdinand De Saussure. Il contributo alla tradizione postmoderna

Silvia Lattanzi

1. Introduzione: il Postmodernismo e il linguaggio
La continua costruzione del pensiero postmoderno è stata ed è possibile solamente attraverso il linguaggio.
Il Postmodernismo, in cui centrali sono le idee di una conoscenza, umana e scientifica, complessa e pluralista e di una metodologia strumentale e pragmatica, vuole presentarsi come una prospettiva diversa dal Modernismo. In questa ottica il linguaggio è visto come un sistema rappresentazionale in grado di costruire qualsiasi tipo di conoscenza, in quanto è attraverso di esso che gli individui possono generare il loro mondo, definibile come un insieme di costrutti di senso e di significato condivisi socialmente. Attraverso il linguaggio l’uomo può autopercepirsi come una unità dotata di rilevanza sociale e fare proprio il punto di vista dell’altro a guida della propria azione costruttiva.
Il momento di svolta da una concezione del linguaggio come semplice nomenclatura a una come sistema complesso di segni si ha nel periodo di passaggio dall’Ottocento al Novecento, grazie all’opera dello svizzero Ferdinand De Saussure.

2. La nascita della semiotica e della linguistica
Anche se studi sulla natura e sull’interpretazione dei segni risalgono ad Aristotele e a Sant’Agostino, padri della semiotica o semiologia possono essere considerati Charles Sanders Peirce e Ferdinand De Saussure. Il primo getta le basi della semiotica in America inserendola all’interno di una più generale filosofia pragmatista, tentando una descrizione complessiva dei segni; il secondo amplia gli studi della disciplina in Europa, formalizzando egli stesso il nome di semiologia e studiando la lingua come un sistema autonomo e unitario di segni, guardando alle funzioni e alle reciproche relazioni dei singoli elementi linguistici considerati come parti di un insieme in continua interdipendenza e interazione.
Letteralmente la parola “semiotica”, dal greco semeion (“segno”), significa scienza dei segni, verbali e non verbali. La linguistica è una parte di essa ed è la scienza che si occupa del segno verbale alla luce della fonologia, della morfologia, della sintassi, della metrica (che studia la struttura ritmica e intonativa della lingua), della semantica e della lessicologia (che comprende l’etimologia). La linguistica non ha per oggetto specifico il linguaggio, visto come un sistema eterogeneo analizzabile sotto diversi punti di vista (fisico, psichico, fisiologico, e così via), ma piuttosto quella sua parte essenziale che è la lingua, intesa come prodotto sociale della facoltà di linguaggio, come un insieme delle convenzioni utilizzate dal corpo sociale per consentire l’esercizio della facoltà di linguaggio negli individui.
A questo proposito De Saussure fa una distinzione tra lingua (langue) e parola (parole). La prima, che è in sé totalità e principio di classificazione, rappresenta il momento sociale del linguaggio ed è costituita dal codice di strutture e regole che ciascun individuo assimila dalla comunità di cui fa parte. La parola, consistente nell’esecuzione individuale del linguaggio e perciò implicante volontà ed intenzionalità, è il modo in cui il soggetto che parla utilizza il codice della lingua in vista dell’espressione del proprio pensiero personale.
Un’importante conseguenza che discende dalla separazione della lingua dalla parola è che “si separa a un sol tempo: 1. ciò che è sociale da ciò che è individuale; 2. ciò che è essenziale da ciò che è più o meno accidentale” (De Saussure, 1916). L’atto individuale è solo l’embrione del linguaggio, è con l’atto sociale che si ha la vera comunicazione, quando tutti gli individui uniti dal linguaggio riprodurranno gli stessi segni, uniti agli stessi concetti. Il processo comunicativo avviene con la presenza di almeno due individui dei quali il primo, il parlante, deve necessariamente avere nella mente i concetti associati alla loro rappresentazione sotto forma di segni linguistici che servono alla loro espressione.
Il limite che De Saussure vede negli studiosi che si sono occupati della lingua prima di lui, sta nell’aver privilegiato la sfera evolutiva della lingua a svantaggio di quella sistematica: in termini strettamente saussuriani, è stata privilegiata la sfera diacronica (detta anche dinamico – evolutiva) della lingua rispetto a quella sincronica (detta anche statica). La linguistica sincronica studia il significato specifico che a un certo termine viene attribuito in un particolare sistema linguistico – comunicativo. La linguistica diacronica studia invece la lingua nella sua successione, cogliendone cioè lo sviluppo temporale. Anche se sincronia e diacronia sono entrambi aspetti importanti della lingua, De Saussure sostiene il primato della dimensione sincronica nella comprensione dell’esistenza di uno specifico tipo di linguaggio in una specifica comunità: si tratta di comprendere il significato particolare dei termini in quel particolare contesto e non di descrivere le trasformazioni che i termini e i loro significati subiscono nel tempo.

3. La concezione del segno saussuriano
“Noi chiamiamo segno la combinazione del concetto e dell’immagine acustica: ma nell’uso corrente questo termine designa generalmente solo l’immagine acustica, per esempio una parola (arbor, ecc.), si dimentica che se arbor è chiamato segno, questo avviene perché esso porta il concetto di albero, in modo che l’idea della parte sensoriale implica quella del totale. L’ambiguità sparirebbe se si designassero le tre nozioni qui in questione con dei nomi che si richiamano l’un l’altro pur opponendosi. Noi proponiamo di conservare la parola segno per designare il totale e di rimpiazzare “concetto” e “immagine acustica” rispettivamente con “significato” e “significante”: questi ultimi termini hanno il vantaggio di rendere evidente l’opposizione che li separa sia tra di loro, sia dal totale di cui fanno parte. Quanto a segno, se continuiamo ad usarlo, è per il fatto che non sappiamo come rimpiazzarlo, poiché la lingua usuale non ce ne suggerisce nessun altro” (De Saussure, 1916).
Il focus della semiologia è per De Saussure il concetto di segno, che risulta dall’unione indissolubile di significante e significato, o, come dice egli stesso, di immagine acustica e di concetto. Il significato e il significante sono inseparabili, sono le due facce dello stesso foglio legate indissociabilmente da un rapporto arbitrario, nel senso che né l’uno né l’altro corrispondono a una realtà precostituita. Arbitrario non vuol dire soggettivo e libero, piuttosto immotivato, cioè necessario in rapporto al significato che viene espresso.
Un significante può assumere una molteplicità di significati, a seconda dei contesti diversi di comunicazione tra parlanti, così come, in contesti temporali diversi, può variare il suo significato, lo dimostra ad esempio il termine logos, che nella Grecia classica racchiudeva una molteplicità di significati che oggi vengono enunciati con termini diversi aventi ciascuno un significato specifico: discorso, ragione, ragionamento, calcolo, ecc… Inoltre uno stesso significato può essere espresso con significanti diversi, ad esempio per il significato “albero”, le diverse lingue usano significanti diversi, albero in italiano, arbor in francese e così via.
Il significante non dipende dalla libera scelta del soggetto parlante e non ha alcun aggancio naturale con il significato, quindi la lingua risulta essere una convenzione frutto del tirocinio collettivo. La natura del segno sul quale si conviene è indifferente.

4. Conclusioni. Il debito del Postmodernismo verso De Saussure
La tradizione postmoderna paga un debito intellettuale alla teoria linguistica di De Saussure per due motivi, il primo può essere trovato nell’affermazione secondo cui la società è il fondamento della lingua come sistema. Il sistema dei segni, dice De Saussure, è generato per la collettività, non per l’individuo. L’elemento soggettivo, ma condiviso collettivamente, costitutivo della lingua e costante negli innumerevoli cambiamenti che essa subisce nella sua dimensione diacronica è il quadro sociale. De Saussure nella sua teoria linguistica espone quello che è uno dei principi cardine del Postmodernismo: l’importanza dell’aspetto sociale della realtà. Il linguaggio è una costruzione sociale generata dall’azione interattiva degli individui che compongono il contesto o società in cui esso si costruisce. Anche la società è a sua volta una costruzione. Il contesto interattivo in cui gli individui vivono, agiscono e interagiscono è fondamentale per attribuire ad ogni significante il suo significato.
Nella descrizione del segno linguistico come unione indissociabile di significante e significato è racchiuso il secondo motivo di debito intellettuale. Ogni termine linguistico è una semplice etichetta assegnata a un tipo di oggetto, di animale o di persona e non corrisponde mai alla realtà, ma ognuno di essi è però fondamentale per comprendere la realtà. I significati a fondamento della costruzione della realtà possono essere generati, appresi, comunicati e condivisi solamente tramite il linguaggio in quanto essi si trovano nei termini linguistici visti come segni.
Il linguaggio, oltre ad essere il mezzo che costruisce, è anche il veicolo di comprensione ed in tale idea è espressa tutta l’importanza che esso riveste nel Postmodernismo.
Come nel linguaggio non esistono cause esterne determinate a priori che conferiscono significati specifici a significanti specifici, così la realtà non è un meccanismo lineare caratterizzato da un susseguirsi di cause ed effetti, ma un processo circolare tra società e individuo regolato mutuamente dal linguaggio, in cui la singolarità non può essere compresa se non a partire dalla totalità e viceversa e tale comprensione può avvenire solo tramite il linguaggio. A fine Ottocento De Saussure si contrappone a ciò cui si contrappone la tradizione postmoderna, ossia la concezione di un Io assoluto, astratto e decontestualizzato, da cui si possano inferire leggi universali e promuove l’esistenza di una realtà multipla e complessa che deve essere compresa e non spiegata.


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