La semiotica di Umberto Eco (da wikipedia)

La linea semiotico-filosofica derivata da Peirce e dalle teorie dell'altro filosofo pragmatista statunitense Charles William Morris è stata di riferimento fondamentale per la semiotica interpretativa di Umberto Eco

La prospettiva della semiotica estetologica o interpretativa di Umberto Eco muove proprio dalla centralità del concetto di interpretazione messo in gioco da Peirce. Il lavoro di Eco muove in due direzioni: ridefinizione teorica ed epistemologica della semiotica; analisi della cultura e dei testi con particolare riferimento alla loro ricezione. Eco è stato tra i primi critici della prospettiva strutturale 'ortodossa', mettendo in discussione il fatto che un testo manifesti strutture significative di per sé, indipendentemente dalle letture che di esso si possano dare. Attaccherà dunque l'idea levi-straussiana di considerare le 'strutture' che danno valore ai testi come entità realmente esistenti (strutturalismo ontologico), per attribuire ad esse valore euristico e sempre provvisorio. Ha poi concretizzato le sue ricerche nella definizione di un paradigma teorico unificato per la semiotica nel Trattato di semiotica generale (1975). Ha così tentato l'innesto nella tradizione strutturalista (antipsicologista, non referenzialista) delle idee peirciane (generalità della nozione di segno, realismo semiotico). Ha insistito con l'analisi delle teorie semio-linguistiche giungendo alle fondamentali asserzioni sui limiti delle rappresentazioni semantiche. Oggi indaga le relazioni tra semiotica e ricerche cognitive, recuperando molti problemi degli anni '70 e '80 (iconismo, percezione e significato) e ponendoli in una luce nuova più attenta agli sviluppi contemporanei della psicologia cognitivista.

Fondamentale in Eco è quindi il problema dell'interpretazione (il che lega le sue riflessioni alla prospettiva più generale dell'ermeneutica). Eco muove dall'idea che l'analisi delle strutture del testo coincida con la ricerca delle sue potenziali strategie interpretative. Eco definisce il testo "una macchina pigra" in quanto ritiene che il senso di un testo sia determinato solo in parte dalle strutture o dai percorsi di senso potenziali costruiti dall'emittente, ma che un ruolo fondamentale venga svolto dal fruitore del testo senza il cui intervento il senso resterebbe lettera muta. Quindi la costruzione del senso di un testo si gioca nel processo dialettico che si attiva tra le strutture retorico-testuali e le strategie di interpretazione del lettore (principio della cooperazione interpretativa nei testi narrativi, v. Lector in fabula). Legata alla questione dell'interpretazione testuale - una delle questioni centrali del lavoro di Eco - è quella della individuazione dei limiti dell'interpretazione medesima. Fin dal 1962 - in una fase pre-semiotica della sua ricerca - Eco si era occupato della questione della interpretazione dei testi; in Opera aperta veniva infatti elaborata una estetica della ricezione testuale, in cui il ruolo del lettore era fortemente attivo e creativo nei confronti della definizione del senso del testo. In seguito Eco ha notevolmente ristretto la libertà del lettore o fruitore del testo, prima con la teoria già citata della cooperazione interpretativa tra testo e lettore, poi con una vera e propria definizione dei limiti dell'interpretazione. In sostanza, secondo Eco, si può definire propriamente interpretazione di un testo solo quella lettura che sia giustificata e comprovata dalle strutture testuali medesime; ogni lettura del testo che vada oltre tale giustificazione testuale dovrà essere definita un uso del testo medesimo e non avrà l'obbligo di essere coerente con il testo da cui deriva.

Altra questione centrale nella ricerca di Eco è il problema del significato. In sostanza Eco ha proposto un modello semantico a istruzioni in formato di enciclopedia. La metafora dell'enciclopedia serve ad Eco per evidenziare la differente struttura interna del modello di sapere da lui utilizzata che si definisce come una rete di unità culturali tra loro interconnesse. Il modello ad enciclopedia viene contrapposto a più rigidi modelli semantici a dizionario in cui ogni significato è semplicemente definito da una serie di unità minime tra loro interdefinite e autosufficienti (semantica strutturale). Ma il funzionamento del processo cognitivo che porta all'identificazione del significato è molto più aperta ed è legata all'attivazione di porzioni del sapere culturale complessivo in ragione delle esigenze contestuali. Il significato è infatti determinato dall'uso di concetti legati alla nostra generale esperienza o conoscenza del mondo, a stereotipi e strutture culturalmente predefinite che abbiamo appreso nel tempo e/o da altri testi (competenza intertestuale). La nozione di enciclopedia è quindi un postulato semiotico o ipotesi regolativa che non può essere descritta nella sua totalità, ma che può rendere ragione dei meccanismi di costruzione e negoziazione del senso nei diversi contesti comunicativi. Su questa concezione si basa anche la più recente produzione di Eco. In Kant e l'ornitorinco Eco cerca di individuare i processi cognitivi che stanno alle spalle della negoziazione culturale del senso. Secondo Eco posti di fronte ad un nuovo fenomeno, attraverso un meccanismo di inferenza percettiva, noi ci costruiamo dei tipi cognitivi - "privati" o individuali -, mentre sul piano dell'accordo comunicativo, quindi sul versante intersoggettivo e culturale, ci troviamo di fronte alla elaborazione di quello che Eco chiama contenuto nucleare, costituito dall'insieme delle diverse interpretazioni e concezioni dell'oggetto in uso. A queste competenze si può poi aggiungere una conoscenza più specifica e "professionale" propria solo di alcuni soggetti che Eco chiama contenuto molare.

 


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