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Il pensiero di William James
1. Introduzione
William James, Charles Sanders Peirce e successivamente John Dewey possono essere considerati come i padri della rivoluzioni pragmatista. Tale possibilità di pensiero ha vissuto momenti di popolarità alterni nella storia del pensiero del novecento. Tale situazione può essere letta in relazione all’evidente portata politica di tale posizione. Attualmente il pensiero pragmatista sta vivendo un nuovo momento di interesse, che si è concretizzato nelle posizioni neopragmatiste di Richard Rorty o Hilary Putnam da parte e dall’altra nella sua identificazione come nucleo generativo delle cosiddette psicologie e sociologie postmoderne. L’opera di William James ha permesso una riorganizzazione del modo di pensare e di affrontare situazioni che lo fatto trascendere dalle sue radici filosofiche andando a contaminare psicologia, sociologia, antropologia, diritto e le scienze umane e sociali nella loro globalità.2. “Scarti” Paradigmatici
Il primo scarto operato dal pensiero di James costituisce l’abbandono di ogni posizione rappresentazionalista e di qualsiasi assunto che tendesse a tracciare una corrispondenza fra teoria – realtà – verità. Per il pensatore americano le teorie non costituiscono enunciati di verità, ma sono semplici strumenti, i quali al pari di ogni utensile od artefatto umano hanno come proprio scopo quello di affrontare il mondo in termini più funzionali. L’unica differenza fra una forchetta e la teoria della gravitazione universale consiste nella loro portata euristica e non in una presunta qualità della seconda di poter scovare le regole che governano la realtà.Forchetta
Isaac Newton, Legge della gravitazione universale, 1687
Il secondo scarto consiste nell’abbattere la visione delle menti come monadi isolate, ogni teoria non può essere associata ad il singolo individuo che si è attribuito la sua enunciazione, essa al contrario appartiene ad una pratica sociale che ha contribuito alla sua genesi. È evidente come una posizione di questo tipo contribuisce a rafforzare una lettura storicizzata del pensiero piuttosto che una sua ontologizzazione.
3. Pragmatismo e realismo concettuale
Ogni teoria costituisce una risposta parziale prodotta da una comunità di riferimento in relazione ad una serie di problematiche particolari. Il successo di una teoria non risiede nel suo approssimarsi al disvelamento della realtà, ma nella sua efficacia nel fornire risposte funzionali. Da queste considerazioni si evince in modo chiaro come alla realtà è negata ogni esistenza aprioristica. La sua esistenza appartiene alle medesime pratiche conoscitive utilizzate per la sua comprensione. Il pensiero pragmatista di James in una singola mossa scavalcava ogni forma di realismo monista, abbandonava le sicure possibilità offerte da forme di realismo ipotetico per iniziare a tracciare una configurazione di realtà di tipo concettuale. In tale cornice è sottolineate maggiormente la relazione conoscenza – conoscente, piuttosto che quella conoscenza – conosciuto. La conoscenza non si conforma secondo una logica interna di tipo progressivo e teleologicamente finalizzata, ma appartiene a suoi costruttori umani e al contesto in cui si genere. È impossibile non trovare l’eco di queste parole nel lavoro di Thomas Luckmann, allievo di Alfred Schutz, e di Peter Berger La realtà come costruzione sociale.4. La portata sociale del pensiero di James
Ogni discorso sul reale necessita di una serie di pratiche discorsive intenzionali prodotte da una certa comunità di osservatori, cambiando il punto di vista cambiano anche i discorsi possibili che possono essere compiuti. La realtà perde la sua dimensione unitaria frammentandosi in una pluralità potenzialmente infinita, regolata esclusivamente dagli esiti prodotto dalle diverse pratiche conoscitive. Se l’individuazione delle caratteristiche oggettive della realtà ha perso ogni utilità, lo scienziato sociale porrà l’analisi dei processi attraverso cui la realtà stessa viene costruita dalle comunità umane ed il valore euristico legato alle diverse teorie come nuovi oggetti privilegiati del proprio studio. La portata, anche politica ed etica, di tale posizione è evidente, in una prospettiva pluralista è impossibile spiegare l’uomo in termini universali, astratti e generali. La singola persona torna ad essere unica ed irripetibile, vincolata esclusivamente al contesto storico e sociale nel quale agisce. Tale concezione mette in dubbio la possibilità di utilizzare etichette di tipo psicopatologico relativamente all’agire sociale e apre nuovi scenari per la lettura delle azioni devianti all’interno di una certa comunità.5. Linguaggio e conoscenza
L’impossibilità di produrre discorsi neutrali ed oggettivi sull’uomo e sulla realtà, pone il linguaggio in una posizione privilegiata, esso diviene lo strumento attraverso organizzare pratiche conoscitive e operative, senza di esso l’oggetto stesso di indagine scomparirebbe. Nel momento in cui si affronta un problema si apre sempre un terreno di indagine complementare ovvero l’analisi delle pratiche linguistiche con cui il fenomeno stesso è stato formalizzato. Come affermerà successivamente un pensatore fortemente debitore della tradizione pragmatista Ludwig Wittgenstein “Il limite del mio linguaggio è il limite del mio mondo”. L’utilizzo di un certo linguaggio produce una certa realtà ed impedisce con i suoi limiti di costruire rappresentazioni alternative del fenomeno che si intende affrontare.6. James ed il postmoderno
La tradizione postmoderna eredita dal pensiero di William James la convinzione che sia impossibile stabilire relazioni di corrispondenza fra conoscenza e verità. Le teorie sono strumenti e non risposte ed i suoi assunti non sono leggibili come norme oggettive, ma come organizzazioni conoscitive e operative selezionati attraverso criteri di efficacia rispetto ai criteri conoscitivi o di cambiamento individuati da una certa comunità sociale.