|
||||||||||||||||||
Quine il gioco della logica. Morto il filosofo americano
Ermanno Bencivenga
“La Stampa” 30 Dicembre 2000.
Willard Van Orman Quine se n'è andato qualche giorno prima che finisse il suo secolo, che ha attraversato quasi per intero (era nato nel 1908) e spesso da protagonista. Non è stato in questi cent'anni il filosofo americano più brillante o creativo, ma è stato il più longevo, il più prolifico e forse il più potente. Famoso già negli Anni Trenta e da allora professore a Harvard (fra i suoi allievi ci fu anche l'"Unabomber" Theodore J.
Kaczynski), si era dato da fare poco prima della seconda guerra mondiale per trovare posto in varie università americane a molti membri del Circolo di Vienna, innescando un processo che in breve tempo avrebbe soppiantato il pragmatismo indigeno di James, Dewey e C. I. Lewis sostituendolo con la "filosofia analitica": un impasto di attenzione alla scienza e al linguaggio, rifiuto della metafisica e della tradizione "continentale" e suprema accettazione del professionalismo accademico che al seguito dell'economia americana imperversa oggi per l'universo mondo. Dei suoi amati scienziati e filosofi della scienza Quine non aveva né la profondità né la complessità concettuale. Aveva invece, paradossalmente, uno stile sciolto e arguto, che ben si sarebbe sposato a una sapiente critica sociale e ne avrebbe potuto fare un bell'esempio della migliore categoria di intellettuale americano: il giornalista di ricerca e di denuncia. Ma la società non lo interessava (quando lo intervistai, un paio d'anni fa per La Stampa , mi disse che la sua filosofia non aveva in proposito nessun contributo da dare), preferiva la teoria degli insiemi, la logica e la filosofia del linguaggio (a quest'ultima dedicò nel 1960 il memorabile Parola e oggetto , in cui affermava l'irrimediabile indeterminatezza della traduzione da una lingua all'altra e proponeva un generale comportamentismo linguistico, di segno opposto al razionalismo innatista di Chomsky). In ambito puramente tecnico, peraltro, non aveva le doti per primeggiare e così la sua concisa sentenziosità finì per esprimersi con efficacia soprattutto in formule proibitive, destinate a porre limiti a fantasie più sbrigliate. "Gli oggetti non esistenti sono incorreggibili", proclamava Quine, oppure "Niente entità senza identità", oppure "Tanto peggio per la logica modale", e generazioni di studiosi rimiravano con soggezione i paletti che queste frasi lapidarie conficcavano sul percorso dell'antica "ricerca della saggezza". Nessuno di quei paletti ha tenuto, alla lunga; la filosofia ha dimostrato ben altra vitalità ed è sopravvissuta a un secolo in cui in tanti hanno fatto a gara per annunciarne la morte o per chiuderla in un serraglio. Un secolo cinico e sparagnino, nel quale tutto sommato non sfigura il caustico, remoto, imperturbabile Willard Van Orman Quine.