Come pensiamo

John Dewey

How we think, Heath, Boston


Come pensiamo - John Dewey

pagine 404

euro

1933. ed.italiana 1961

Nuova Italia, Firenze


Possiamo ricapitolare col dire che l'origine del pensiero sta sempre in una qualche perplessità, confusione o dubbio. Il pensiero non è un caso di combustione spontanea; non accade punto secondo 'principi generali'. Vi è qualcosa che lo occasiona e lo evoca. I comuni appelli a pensare, rivolti ad un bambino (come ad un adulto), senza tener conto della esistenza o meno, nella sua esperienza, di una qualche difficoltà che lo turbi o che alteri il suo equilibrio, sono altrettanto futili quanto, per cosí dire, l'invitarlo a sollevarsi da terra reggendosi con i lacci delle scarpe.

Data una difficoltà, ciò che ne segue immediatamente è il suggerimento di una qualche via d'uscita; la formazione in via di prova di qualche piano o progetto, l'accoglimento di qualche teoria che dia ragione della peculiarità in questione, la considerazione di qualche soluzione del problema. I dati a disposizione non possono fornire la soluzione, possono suggerirla. Da dove nascono, allora, le suggestioni? Evidentemente dall'esperienza passata e dall'avere a disposizione un deposito di conoscenza rilevante. Se in passato si è avuta una qualche familiarità con situazioni del genere, se si è avuto a che fare con materiali della stessa specie, suggestioni piú o meno appropriate e capaci di venire in aiuto non mancheranno di presentarsi. Ma se non vi è stata una qualche esperienza analoga, la confusione rimane confusione. Anche quando un fanciullo (o un adulto) si trova personalmente di fronte ad un problema, è cosa assolutamente futile sollecitarlo insistentemente a pensare se egli non ha mai avuto in precedenza esperienze implicanti condizioni in qualche modo analoghe.

Vi può essere, tuttavia, uno stato di perplessità e così pure una precedente esperienza dalla quale emerge un suggerimento e ciò nonostante non esserci un atto di pensiero riflessivo. Infatti si può non essere sufficientemente critici nei riguardi delle idee che vengono in mente. Una persona può arrivare di colpo ad una conclusione senza vagliare i fondamenti su cui poggia, può andare avanti o indebitamente abbreviare l'atto di indagine e di ricerca; prendere la prima 'risposta' o soluzione che le viene in mente, o per pigrizia mentale, o per torpore, o per l'impazienza di raggiungere qualcosa di stabile. Si è in grado di pensare riflessivamente solo allorquando si è disposti a prolungare lo stato di sospensione e ad assumersi il fastidio della ricerca. Per molte persone, cosí la sospensione del giudizio, come la ricerca intellettuale, rappresentano una cosa spiacevole: il loro desiderio è di porvi termine il piú presto possibile. Esse coltivano un iperpositivo e dogmatico abito mentale; o forse pensano che una condizione di dubbio debba essere considerata come una prova di inferiorità mentale. Questo momento, in cui l'esame e la prova affiorano nell'indagine, segna la differenza tra il pensiero riflessivo ed un cattivo modo di pensare. Per essere genuinamente pensanti, noi dobbiamo sostenere e protrarre quello stato di dubbio che stimola ad una completa ricerca, in modo da non accettare un'idea o asserire positivamente una credenza finché non si siano trovate fondate ragioni per giustificarla.

Indice

INTRODUZIONE
PREFAZIONE alla nuova edizione
PREFAZIONE alla prima edizione

PARTE PRIMA

IL PROBLEMA DELL'EDUCAZIONE DEL PENSIERO

I. COS'È IL PENSIERO?

l. Differenti significati della parola 'pensiero'.
A. Il miglior modo di pensare.
B. La 'corrente della coscienza'.
C. Il pensiero riflessivo è una catena.
D. Il pensiero è di solito ristretto alle cose non
direttamente percepite.
E. Il pensiero riflessivo mira ad una conclusione.
F. Pensare come sinonimo di credere.
G. Il pensiero riflessivo spinge all'indagine.
2. Il fattore centrale nel pensare.
A. Il suggerimento di qualcosa non osservata.
B. La funzione del significato.
C. La riflessione implica fede nell'evidenza.
3. Le fasi del pensiero riflessivo.
A. L'importanza dell'incertezza e dell'indagine.
B. L'atto del pensiero è regolato dal suo scopo.
4. Sommario.

II. PERCHE' IL PENSIERO RIFLESSIVO DEVE COSTITUIRE UNO DEGLI SCOPI DFLL'EDUCAZIONE

1. I valori del pensiero.
A. Il pensiero rende possibile l'aziOne accompagnata da uno scopo consapevole.
B. Il pensiero consente sistematicamente la possibilità di preparazioni ed invenzioni.
C. Il pensiero arricchisce le cose di significato.
D. Il pensiero controlla e arricchisce il valore.
E. Due motivi della necessità di educare il pensiero.

2. Le tendenze che hanno bisogno di essere costantemente controllate.
A. Sanzioni fisiche e sociali del pensare correttamente.
B. La superstizione è altrettanto naturale che la scienza.
C. Le cause generali degli errori: gli idola di Bacone.
D. Il pensiero di Locke sulle forme tipiche dell'errore.
E. L'importanza delle attitudini.
F. L'unione dell'attitudine e di un metodo di ricerca.
G. L'influenza di queste attitudini personali sulla prontezza del pensiero.

III. LE RISORSE NATIVE NELL'EDUCAZIONE DEL PENSIERO

l. La curiosità.
A. Tre stadii o livelli della curiosità.
B. Come si perde la curiosità.
2. La suggestione.
A. Le idee vengono su spontaneamente.
B. Che cosa è una suggestione.
C. Le dimensioni della suggestione.
D. Il pensiero è specifico e qualsiasi materia può
essere intellettuale.
3. Ordine.
A. Il pensiero riflesso implica conseguenzialità, continuità od ordinamento di suggestioni.
B. L'ordine del pensiero è spesso il concomitante indiretto dell'ordine dell'azione.
C. Peculiari difficoltà e peculiari vantaggi nel caso dei fanciulli.
D. Punti di vista estremi sul valore delle attività esterne nell'educazione.
E. Il vero problema: scoprire le occupazioni che hanno realmente valore.
4. Alcune conclusioni educative.

IV. LE CONDIZIONI SCOLASTICHE E L'EDUCAZIONE DEL PENSIERO

l. Introduzionc.: metodi e condizioni.
A. Disciplina formale contro pensiero reale.
B. L'educazione del pensiero è indiretta
C. Condizioni generiche e specifiche.
2. L'influenza degli abiti altrui.
A. L'insegnante come stimolo alla risposta in questioni intellettuali.
3. L'influenza della natura degli studi.
A. Gli studi 'disciplinari' sono esposti al pericolo di perdere il contatto con la pratica.
B. Gli studi pratici sono esposti al pericolo di diventare puramente meccanici.
C. Gli studi informativi possono non sviluppare il sapere.
4. L'influenza degli scopi e degli ideali correnti
A. L'esaltazione dei modelli esterni.
B. Esiste il 'transfer' nell'educazione del pensiero?

PARTE SECONDA

CONSIDERAZIONI LOGICHE

V. IL PROCESSO ED IL PRODOTTO DELL'ATTIVITA RIFLESSIVA. PROCESSO PSICOLOGICO E FORMA LOGICA
l. Pensiero formale e pensiero reale.
A. La logica dei manuali.
B. In che cosa il pensiero effettivo differisce dalla logica formale.
C. Il pensiero come forma logica, o prodotto, e il pensiero come processo psicologico.
D. Le forme logiche non sono usate nel corso del pensiero effettivo, ma per esporre i risultati del pensiero.
E. Il pensiero effettivo ha la sua propria logica: è ordinato, razionale, riflessivo.
F. Sommario.
2. L'educazione in relazione.alla forma.
A. Imparare significa imparare a pensare.
B. La connessione tra il processo e il prodotto del pensiero è misconosciuta da due scuole pedagogiche.
C. L'errore fondamentale delle due scuole è il medesimo.
D. Sommario.
3. Libertà e disciplina.
A. La concezione della disciplina.
B. La concezione della libertà.
C. La libertà si raggiunge attraverso il superamento degli ostacoli.
D. Necessità di uno sviluppo naturale del pensiero fin dalla prima infanzia.
E. Abiti mentali, buoni o cattivi, sono sempre in formazione.
F. La vera libertà è intellettuale.

VI. ESEMPI DI INFERENZA E DI PROVA

1. Esempi di attività riflessiva.
A. Un caso di deliberazione pratica.
B. Un caso di riflessione in seguito ad osservazione.
C. Un caso di riflessione che comporta l'esperimento.
D. Questi tre casi formano una serie.
2. L'inferenza verso l'ignoto.
A. Non c'è pensiero senza inferenza.
B. L'inferenza implica un salto.
C. Provare significa controllare.
D. Due specie di prove.
3. Il pensiero muove da una situazione incerta ad una situazione risolta.
A. Il pensiero sorge da una situazione direttamente esperita.
B. Il pensiero muove verso una situazione risolta.

VII. ANALISI DEL PENSIERO RIFLESSIVO

1. Fatti ed idee.
A. La riflessione implica l'osservazione.
B. La riflessione implica la presenza di suggestioni.
C. Dati ed idee sono fattori correlativi ed
indispensabili della riflessione.
2. Le funzioni essenziali dell'attività riflessiva.
A. Cinque fasi, o aspetti, del pensiero riflesso.
B. La prima fase, la suggestione.
C. La seconda fase, intellettualizzazione.
D. La terza fase, l'idea come guida, o ipotesi.
E. La quarta fase, il ragionamento (in senso stretto).
F. La quinta fase, il controllo dell'ipotesi mediante l'azione.
G. L'ordine di successione di queste cinque fasi non è rigidamente stabilito.
H. Una fase può essere ampliata.
I. Il riferimento al futuro e al passato.

VIII. IL POSTO DEL GIUDIZIO NELL'ATTIVITÀ RIFLESSIVA

1. Tre fattori del giudizio.
A. I giudizi, le unità che costituiscono il pensiero.
B. Le caratteristiche del giudizio.
C. Il giudizio sorge dal dubbio e dalla controversia.
D. Il giudizio definisce il problema col selezionare i fatti evidenziali e i principi appropriati.
E. Il giudizio termina in una decisione.
2. Analisi e sintesi: le due funzioni del giudizio.
A. L'analisi mentale è diversa dalla divisione materiale.
B. Metodo consapevole e attitudine logica inconsapevole.
C. L'analisi e la sintesi nel processo educativo.

IX. LA COMPRENSIONE: IDEE E SIGNIFICATI

1. Le idee come suggestioni e congetture.
A. Le idee sono elementi dei giudizi, strumenti di interpretazione.
B. Le idee sono strumenti logici, non composti psichici.
2. Cose e significati.
A. Capire significa afferrare il significato.
B. L'interazione dei due modi di comprensione.
C. Il progresso intellettuale come ritmo.
3. Il processo per cui le cose acquistano significato.
A. L'avvertimento di totalità indistinte precede la comprensione.
B. Ciò che è vago è reso chiaro dalle risposte pratiche.
C. Esempi presi dal disegno e dal linguaggio.
D. Significato e contesto.
E. La relazione mezzi-conseguenze ed il suo significato educativo.

X. LA COMPRENSIONE: IL CONCETTO E LA DEFINIZIONE

1. Natura dei concetti.
A. I concetti sono significati stabiliti.
B. I concetti ci mettono in grado di fare delle generalizzazioni.
C. I concetti standardizzano la nostra conoscenza.
D. I concetti aiutano ad identificare ciò che non si conosce e integrano i dati sensibili presenti.
E. La portata educativa dei concetti.
2. Come sorgono i concetti.
A. I concetti cominciano con l'esperienza.
B. I concetti diventano piú definiti con l'uso.
C. I concetti divengono generali con l'uso.
3. Definizione e organizzazione dei significati.
A. Le dannose conseguenze dell'indeterminatezza dei concetti.
B. Il significato come intenzione e come estensione.
C. Tre tipi di definizioni.

XI. IL METODO SISTEMATICO: CONTROLLO DEI DATI ED EVIDENZA

1. Il metodo come controllo deliberato di fatti e di idee.
A. Il bisogno di un metodo sistematico.
B. L'osservazione ha valore quando è guidata da ipotesi.
2. L'importanza del metodo nel giudicare i dati.
A. L'ínterrelazione di osservazione e pensiero.
B. I tratti regolativi del metodo scientifico.
C. L'eliminazione dei significati irrilevanti.
D. La raccolta di casi sufficienti.
E. Importanza delle differenze, al pari delle somiglianze, in questi casi.
F. La variazione sperimentale delle condizioni.

XII. IL METODO SISTFMAT1CO: CONTROLLO DEL RAGIONAMENTO E DEI CONCETTI

l. Il valore dei concetti scientifici.
A. La fondamentale importanza di un sistema di concetti.
B. Valore dei concetti di quantità.
C. Peculiari concetti-tipo stabiliti in ogni scienza.
D. Il giocare con i concetti.
E. Il bisogno di un controllo finale dei concetti.
2. Significative applicazioni all'educazione: alcune caratteristiche incongruenze.
A. L'isolamento dei fatti dai significati.
B. Il mancato sviluppo del ragionamento.
C. L'isolamento della deduzione con il cominciare da essa.
D. L'isolamento dei concetti dalla loro funzione di guida per nuove osservazioni.
E. Il mancato ricorso alla sperimentazione.
F. La mancanza di un esame riassuntivo dei risultati netti raggiunti.

XIII. PENSIMO EMPIRICO E PENSIERO SCIENTIFICO

l. Cosa si intende per 'empirico'.
A. Il pensiero empirico è utile in alcuni casi.
B. Il pensiero empirico presenta tre evidenti svantaggi.
2. Il metodo scientifico.
A. Il metodo scientifico richiede l'analisi.
B. Due metodi di variare le condizioni.
C. L'esperimento implica tanto l'analisi che la sintesi.
D. Il pensiero scientifico è libero dalla considerazione di ciò che è immediato ed urgente.
E. Il valore dell'astrazione.
F. Il significato di 'esperienza'.

PARTE TERZA

L'EDUCAZIONE DEL PENSIERO

XIV. L'ATTIVITA E L'EDUCAZIONE DEL PENSIERO

1. Il primo stadio dell'attività.
A. «A che cosa pensa l'infante?».
B. La padronanza del proprio corpo costituisce un problema intellettuale.
C. Gli adattamenti sociali divengono subito importanti.
D. Il posto dell'imitazione.
2. Il gioco, il lavoro, e le forme analoghe di attività.
A. Il significato del gioco e della disposizione al gioco.
B. Il significato del lavoro.
C. La vera distinzione tra gioco e lavoro.
D. Correlative nozioni inadeguate dell'immaginazione e dell'utilità.
3. Le occupazioni costruttive.
A. Le scienze sono nate dalle occupazioni.
B. Le occupazioni scolastiche offrono possibilità intellettuali.
C. Le condizioni da soddisfare per rendere educativi i 'projects'.

XV. DAL CONCRETO ALL'ASTRATTO

1. Che cosa è il concreto?
A. Il concreto in relazione al significato diretto e indiretto.
B. La sua dipendenza dallo stato intellettuale dell'individuo.
C. Il concreto in relazione al pensiero come mezzo e come fine.
D. Il disprezzo per la 'mera teoria'.
E. Occorre iniziare da manipolazioni pratiche.
F. Trasferire l'interesse alle faccende intellettuali.
G. Sviluppare l'amore del pensiero per il pensiero.
2. Che cosa è l'astratto?
A. Esempi di transizione dal concreto all'astratto.
B. Per la maggior parte delle persone, il pensiero astratto non è il fine esclusivo, né costituisce qualcosa di congeniale.
C. L'educazione dovrebbe mirare a stabilire un equilibrio operante.

XVI. IL LINGUAGGIO E L'EDUCAZIONE DEL PENSIERO

1. Il 1inguaggio come lo strumento del pensiero.
A. Alcune vedute sulla relazione del pensiero con il linguaggio.
B. Alcuni aspetti dei segni artificiali che favoriscono il loro impiego nel rappresentare i significati.
C. Il linguaggio seleziona, conserva, ed applica i significati specifici.
D. I segni del linguaggio sono strumenti per l'organizzazione dei significati.
2. L'abuso dei metodi verbali nell'educazione.
A. Insegnare soltanto cosa è la negazione dell'educazione.
B. Limiti e pericoli che i simboli presentano in relazione ai significati.
3. L'uso del linguaggio in rapporto all'educazione.
A. L'educazione deve trasformare il linguaggio in uno strumento intellettuale.

XVII. OSSERVAZIONE E INFORMAZIONE NELL'EDUCAZIONE DELLA MENTE

l. Natura e valore dell'osservazione.
A. L'osservazione non è un fine a sé stante.
B. L'osservazione in quanto spinta da interessi simpatetici ad estendere la conoscenza.
C. L'osservazione analitica in quanto motivata da bisogni insorgenti nel corso dell'attività: alcune
fallacie circa l'educazione dei sensi.
D. L'osservazione in quanto mossa dalla necessità di risolvere problemi teorici.
E. L'osservazione nel lavoro scientifico.
2. Metodi e materiali di osservazione nelle scuole.
A. L'osservazione deve comportare un'attiva esplorazione.
B. L'osservazione deve introdurre l'elemento drammatico della sospensione, dell' 'interesse per la trama'.
C. L'osservazione dovrebbe acquistare un carattere
scientifico.
3. La comunicazione delle informazioni.
A. Come organizzare intellettualmente il processo dell'apprendere attraverso la comunicazione delle
informazioni.

XVIII. LA LEZIONE E L'EDUCAZIONE DEL PENSIERO

1. Alcune false idee sulla recitazione della lezione.
A. La 'recitazione' come opposta alla riflessione.
B. I pericoli della passività.
2. Le funzioni della recitazione della lezione.
A. La recitazione dovrebbe stimolare la curiosità intellettuale.
B. La recitazione della lezione dovrebbe avviare gli scolari al conseguimento di buoni abiti di studio.
C. La lezione dovrebbe controllare il profitto raggiunto.
3. La condotta della lezione.
A. La prima esigenza: la preparazione degli scolari.
B. La misura della partecipazione dell'insegnante.
C. Fare in modo che gli allievi giustifichino il proprio contributo.
D. Evitare ogni distrazione col fissare l'attenzione su un oggetto tipico.
4. La funzione dell'insegnante.
A. L'insegnante come leader intellettuale.
B. Le nozioni fallaci che minimizzano la funzione di guida dell'insegnante.
C. La necessità che l'insegnante sia dotato di ampie conoscenze.
D. La necessità che l'insegnante possieda una conoscenza tecnico-professionale.
5. L'apprezzamento.
A. La comprensione del valore.
B. Il ruolo dell'apprezzamento nel pensiero.

XIX. ALCUNE CONCLUSIONI GENERALI

1. L'inconscio ed il conscio.
A. Contesto implicito e contesto esplicito.
B. Un esempio preso dal controllo del pensiero riflessivo.
C. Assorbimento e incubazione.
2. Processo e prodotto.
A. Ancora il gioco e il lavoro.
B. Il gioco non deve essere un'ozioso trastullo.
C. Il lavoro non deve essere una pesante fatica.
D. L'equilibrio tra la disposizione al lavoro e la disposizione al gioco.
E. L'attitudine dell'artista.
F. L'insegnante come artista.
3. Il vicino ed il lontano.
A. «La familiarità genera il disgusto».
B. La necessità di stabilire un equilibrio tra il vecchio e il nuovo.
C. L'osservazione fornisce il vicino, l'immaginazione il remoto.