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Il Deserto dei Tartari
Dino Buzzati
pagine 277
euro
1940; 1966
Rizzoli, Milano; Mondadori, Milano
Nominato ufficiale, Giovanni Drogo partì una mattina di settembre dalla città per raggiungere la Fortezza Bastiani, sua prima destinazione.
Si fece svegliare ch'era ancora notte e vestì per la prima volta la divisa da tenente. Come ebbe finito, al lume di una lampada a petrolio si guardò allo specchio, ma senza trovare la letizia che aveva sperato. Nella casa c'era un grande silenzio, si udivano solo piccoli rumori da una stanza vicina; sua mamma stava alzandosi per salutarlo.
Era quello il giorno atteso da anni, il principio della sua vera vita. Pensava alle giornate squallide dell'Accademia militare, si ricordò delle amare sere di studio quando sentiva fuori nelle vie passare la gente libera e presumibilmente felice; delle sveglie invernali nei cameroni gelati, dove ristagnava l'incubo delle punizioni. Ricordò la pena di contare i giorni ad uno ad uno, che sembrava non finissero mai.
Adesso era finalmente ufficiale, non aveva più da consumarsi sui libri né da tremare alla voce del sergente, eppure tutto questo era passato. Tutti quei giorni, che gli erano sembrati odiosi, si erano oramai consumati per sempre, formando mesi ed anni che non si sarebbero ripetuti mai.
Il giovane tenente Giovanni Drogo viene designato come prima nomina alla Fortezza Bastiani, avamposto ai margini di un deserto già teatro di incursione da parte dei Tartari, ma ormai pressoché inutile e inutilizzato. Vi abita uno sparuto gruppo di militari sorretti dalla speranza di poter un giorno vedere comparire ai confini del deserto il nemico contro cui avrebbero combattuto da veri eroi e ottenuto gloria imperitura, ma soprattutto grazie al quale avrebbero dato senso a una vita trascorsa in un luogo abbandonato alla sommità di una montagna, lontani dalla vita cittadina e mondana.
La Fortezza appare a Drogo nuda, dai muri giallastri, cupa, tuttavia “la guardava ipnotizzato e un inesplicabile orgasmo gli entrava nel cuore” (p. 38). Doveva andarsene dopo pochi mesi, ma rimase prigioniero della malia della Fortezza e vi trascorse la vita, invischiato dal formalismo del regolamento militare e dal trascorrere sempre uguale delle ore e dei giorni.
Finalmente, durante un turno di guardia del tenente Drogo, dalle nebbie che avvolgevano la landa desolata a nord della Fortezza appare un cavallo nero, sellato, a detta di tutti fuggito da un reggimento di tartari in marcia verso la Fortezza. Un giovane soldato pensa invece di riconoscere il cavallo come il suo e, di nascosto e trasgredendo le rigide norme del regolamento, esce dalla Fortezza per recuperarlo. Una volta uscito però, non conoscendo la nuova parola d’ordine, non può rispondere al “chi va là” della sentinella, che, malgrado le suppliche dell’amico subito riconosciuto, deve uccidere il possibile nemico, il pericolo che si avvicina alla torretta di guardia.
Un altro brivido percorre la fortezza quando all’orizzonte si profila una linea nera, inequivocabilmente truppe nemiche; arriverà una lettera dal Comando Centrale a spegnere le speranze: si trattava di un contingente nemico in missione per la delimitazione dei confini. Così passano mesi ed anni, sempre uguali, ma Drogo rimane in attesa del suo momento di gloria. Aveva provato a tornare in città per riappropriarsi del suo tempo, ma si era ritrovato come straniero e non gli era rimasta altra possibilità di tornare alla fortezza, da dove vide molti dei suoi compagni andarsene, alcuni appena arrivati altri ormai vecchi, dove rimase a esplorare il deserto che rimaneva inesorabilmente vuoto.
Alla fine i nemici sembrano arrivare davvero, un nuovo entusiasmo di guerra si spande tra le mura della Fortezza, ma Drogo è ormai vecchio e ammalato e morirà lontano, solo, in una stanza anonima di una anonima locanda.
a cura di Cristina Zanette