Iliade

Omero


Iliade - Omero
Iliade - Omero

900 - 800 a.C.

 

Il poema epico Iliade fu composto tra il IX e l’VIII secolo a.C. nella regione della Ionia Asiatica. Tramandata in forma orale, fu trascritta, quindi uniformata, per ordine del tiranno di Atene Pisistrato (561 a.C – 527 a.C.) nel VI secolo a.C.
Narra degli ultimi cinquantun giorni del decimo anno di assedio della città di Troia, Ilio, capitale del regno di Priamo, attaccata da una confederazione di Greci (Achei), sotto la guida di Agamennone, re di Micene,  per vendicare l’offesa portata dal troiano Paride, figlio di Priamo, che aveva sedotto e rapito la moglie di Menelao, fratello di Agamennone.
Le vicende attorno alle quali si sviluppa la narrazione sono la guerra contro Ilio e la contesa tra Agamennone e Achille, figlio di Peleo e Teti e re di Ftia, in Tessaglia. Achille in seguito ad una offesa da parte del capo degli Achei, che gli aveva sottratto il suo premio di guerra, la schiava Briseide, si ritira sdegnato dal combattimento, facendo sì che le sorti della guerra volgessero in favore dei Troiani, che, sotto la guida di Ettore, figlio di Priamo, giungono ad appiccare il fuoco alle navi achee. Patrolo, amico fedele e compagno d’armi di Achille, decide di indossare le armi divine del Pelide, offerte nel giorno delle sue nozze a Peleo dal dio Efesto, e sbaragliare così i Troiani, che credevano che Achille fosse rientrato tra le file greche. Patroclo, però, viene ucciso da Ettore, che, ingannato dalle armi, era convinto di combattere contro il suo più acerrimo nemico. Achille, saputo della morte dell’amico, furente di rabbia e tormentato dal dolore, riprende a combattere e sfida a un estremo duello Ettore. Dopo un sanguinoso combattimento, Achille sconfigge il nemico e inferisce sulle sue spoglie. Solo dopo che Priamo si reca sotto mentite spoglie alla tenda di Achille per supplicarlo, in nome del suo stesso destino e del vecchio padre Peleo, di restituigli il corpo del figlio, viene sancita una tregua di undici giorni per permettere ai Troiani di celebrare i riti funebri in onere di Ettore, immagine conclusiva del poema.

 

Incipit


a cura di Cristina Zanette


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