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Mercanti d'aura
Alessandro Dal Lago, Serena Giordano
pagine 328
18,00 euro
2006
Il Mulino, Bologna
Perché i quadri dipinti da uno scimpanzé sono stati quotati più di tante opere di artisti famosi? Perché un orinatoio è divenuto l'emblema dell'arte del Novecento? Perché tanti artisti d'oggi operano con i paradossi della logica, più che con i pennelli? Perché la riproduzione di una zuppa Campbell ha un enorme valore nel mercato artistico, se è opera di Andy Warhol, ma è considerata un sintomo di disordine mentale, se l'autore è internato in un manicomio svizzero? Perché i grandi falsari hanno spesso un'idea tradizionalista della pittura? Perché qualcuno che si taglia con una lametta in una galleria d'arte è considerato un artista contemporaneo, ma non lo è un cuoco o uno stilista? Partendo da questi interrogativi il volume offre una lettura disincantata ma appassionata delle logiche sociali, economiche e culturali dell'arte contemporanea. Nella prospettiva degli autori, l'arte è l'insieme di mondi in cui, per riprendere Walter Benjamin, si produce, si vende e si compra l'"aura", cioè la definizione di qualcosa come "arte". "Aura" non è soltanto l'invenzione di critici ingegnosi, di mercanti abili e investitori oculati: è il significato profondo, per quanto riposto e a volte stravagante, della società capitalistica o di mercato, anche se in nuove forme postmoderne o immateriali. Così, sotto le apparenze di un mondo che fa alzare il ciglio ai moralisti di sempre, l'arte ci mostra come gli esseri umani lavorano, danno valore ai loro simboli, sono attratti o respinti, trionfano o perdono in quel grande gioco che chiamiamo società.Negli anni Trenta Walter Benjamin suggerì che la riproducibilità tecnica nel cinema e nella fotografia dissolvesse l'aura, cioè l'unicità in qualche modo sacrale dell'opera d'arte. La serialità avrebbe allargato la fruizione dell'arte, democratizzandola. Ma la produzione artistica, soprattutto nel secondo dopoguerra, ha preso altre strade. Più che verso la dispersione dell'aura si è mossa piuttosto verso la sua ri-generazione. Jackson Pollock ha stabilito il sopravvento del gesto artistico sul prodotto, con il che l'aura si estendeva all'artista. Andy Warhol ha operato in modo esattamente contrario all'ipotesi di Benjamin: la riproduzione serializzata (le fotografie di Marilyn Monroe o di Mao) diventava essa stessa fonte di aura. La definizione dell'arte si sposta quindi dal "che cosa" al "come", cioè alle modalità di produzione dell'aura a partire da qualsiasi materiale o situazione, come aveva già compreso Duchamp con il celebre orinatoio. Un oggetto, un'immagine fissa o in movimento, un'installazione, una performance, il corpo dell'artista (Hermann Nitzsch) o, al limite, un'operazione chirurgica (Orlan) sono arte se inseriti in una cornice di significazione. L'essenza dell'arte contemporanea può essere compresa solo all'interno del circuito di "definitori" (critici, promotori, organizzatori), esecutori (artisti), luoghi di esibizione (musei, mostre, rassegne) e fruitori (pubblico, amatori, collezionisti). In una parola, all'interno del mercato.