Nietzsche e l'America

Sergio Franzese (a cura di)

pagine 289

18,00 euro

2005

ETS, Pisa

 

Nella vastissima produzione nietzschiana i termini “America” e “americano/i” ricorrono in una cinquantina di passi, dei quali circa un terzo è riportato nella terza e ultima sezione, Estratti, del libro in questione. Tuttavia, il tema del rapporto tra Nietzsche e la cultura americana, quantitativamente così limitato, è in stretta ed indissolubile connessione con quello centralissimo dell’Europa e della cultura occidentale, visto in relazione con la cultura americana, e con la nozione di modernità che è la chiave di tale relazione. “L’America diventa allora per Nietzsche la lente d’ingrandimento, la cartina di tornasole, o il presagio di ciò che l’Europa, ossia l’occidente sta diventando, e anche la sintesi di ciò che non deve diventare.” (pp.6-7).
L’immagine della “moderna” cultura americana con cui il filosofo si confronta è quella tramandata da Tocqueville, cioè una realtà caratterizzata da “macchinismo sociale, perdita della cultura, dominio dell’opinione pubblica e della cultura di massa, accelerazione incontrollata della vita, dominio dell’economicismo, privilegio del quantitativo sul qualitativo, dissoluzione dell’individualità” (p.7). L’America diventa metafora-emblema degli aspetti disgreganti e spersonalizzanti del Weltgeistdécadence, nella quale vede una tendenza e un rischio della cultura europea.
Ma se il primo approccio con la cultura americana è sotto il segno di un inevitabile conflitto, in un secondo tempo si può notare un dialogo tra il filosofo tedesco e quei pensatori americani che cercano di ricostruire una grande cultura spirituale e un’individualità nuova moralmente autonoma.
I primi due dei sei saggi che costituiscono la prima e più ampia sezione dell’opera in esame, sono dedicati al rapporto di Nietzsche con Emerson. Nel primo, La passione della grandezza in Nietzsche lettore di Emerson, Benedetta Zavatta mostra il precoce e crescente interesse del filosofo tedesco per lo statunitense, visto come lettura necessaria per la “terapia antiromantica” e fonte di idee rivoluzionarie, soprattutto riguardo all’uomo che potrebbe “essere non il compimento o il fine della Creazione, ma soltanto il risultato provvisorio di un processo evolutivo da forme inferiori a forme superiori.” (p.29). Inoltre Emerson è visto come “portatore di una rivoluzione culturale destinata a sconvolgere gli assetti della morale tradizionale, il rapporto con Dio, i canoni dell’educazione e dell’istruzione, improntandoli ad una assoluta indipendenza da qualsiasi forma di autorità e riportando ogni valutazione al giudizio individuale” (p.29). Una forza spirituale creatrice, infinita, illimitata e tendente alla perfezione è fonte originaria di ogni forma di vita e tra materia e spirito non esiste differenza specifica ma solo di grado. Il tentativo dell’uomo di aumentare la propria potenza è un percorso di progressivo allargamento della soggettività verso l’universalità. In questo processo di “espansione” della soggettività i veri limiti ed ostacoli posti all’individuo sono costituiti dall’incomprensione della necessità e dall’incapacità di essere in armonia con la natura. Il vero eroe non è chi combatte titanicamente contro gli ostacoli esterni, ma chi possiede la capacità intellettuale di vedere ciò che è necessario e il coraggio di adeguarvisi: “Lo spirito, la cui direzione procede parallela alle leggi naturali si collega nel flusso degli eventi ed è forte della loro forza” (p.38).
Emerson è anche l’autorità invocata da Nietzsche nella sua polemica contro lo storicismo: per entrambi i filosofi storia, letteratura e scienza devono servire al singolo individuo come materiale per una produzione originale.
Emergono contatti anche tra la concezione nietzschiana della morale eroica come forza interiore di staccarsi dal gregge ed essere se stessi e la self-reliance dell’eroe di Emerson.
Nel secondo saggio, Una traduzione transatlantica: Fato e libertà in Emerson, Hodge parte da uno scritto giovanile di Nietzsche, Libertà del volere e Fato, dove si nota lo sforzo del giovane filosofo di impadronirsi del vocabolario e delle definizioni concettuali dell’americano al fine di raggiungere maggiore consapevolezza e maggiore capacità di espressione delle proprie idee. Ciò è palese soprattutto nell’affermazione di un’equivalenza, per statuto e genere, tra volontà e pensiero e nel sostenere che la libertà non è un attributo dell’uomo ma un effetto del suo pensiero. Emerson è visto come l’esponente di un’America priva di “americanismo”, minoritaria e perdente, contrapposta all’America della décadence, maggioritaria e vincente. Tuttavia Nietzsche è destinato ad incrociare una tematica basilare di quest’ultima: l’energetismo. È quanto si vede nel terzo saggio, Santità e ascetismo: tra energetismo e filosofia della forza. William James lettore di Nietzsche, di Franzese. James è il primo lettore americano di Nietzsche, anche se lo cita esplicitamente solo ne Le varietà dell’esperienza religiosa, banalizzandone il pensiero, riducendolo a “mera contrapposizione tra forti e deboli, senza che sia evidenziato il contesto teorico e metodologico all’interno del quale la speculazione nietzschiana si muove” (p.110). Manca quindi nella lettura jamesiana la debita attenzione al “contesto più ampio dell’indagine nietzschiana intesa a mettere in luce le dinamiche della décadence consistenti nella disgregazione e nel depotenziamento dell’individuo proprio ad opera di quei meccanismi morali e religiosi che caratterizzano l’occidente cristiano-platonico” (p.116). Secondo il filosofo americano dunque Nietzsche idealizza in modo assoluto il tipo umano forte e questo può essere giustificato solo con la valenza metafisica della nozione di “forza”. A questo James contrappone il criterio spenceriano dell’adattamento. Tuttavia, nonostante le suddette differenze, non si può negare una comunanza tematica tra i due, soprattutto riguardo all’intreccio tra energetismo ed etica eroica, di matrice emersoniana.
Nel quarto scritto, Royce e Nietzsche: individualità affermativa e doveri comunitari, Jason Bell esamina i commenti e le critiche del filosofo americano che aprono “un importante scorcio sul clima generale della comunità intellettuale americana e sulla sua appropriazione del pensiero nietzschiano” (p.131). tali studi si articolano su più temi ricorrenti quali l’analisi dell’individualità e la collocazione del filosofo tedesco nella corrente dell’idealismo post-kantiano. Circa il primo tema Royce mostra quanto sia riduttivo intendere l’analisi nietzschiana della questione dell’individualità riconducendola a motivi di egotismo superficiale, sottovalutando l’insistenza riguardo “l’unicità della vita di ogni individuo e la autenticità del dovere di ogni anima di cercare il suo proprio tipo di salvezza” (p.134), ma anche l’incapacità di comprendere il contesto sociale e comunitario in cui si colloca l’individuo: “sembra che Nietzsche abbia completamente mancato di comprendere il carattere organico della vita degli individui che vivono cooperando tra di loro. Il grande problema della riconciliazione tra questo individuo unico e l’ordine del mondo semplicemente non appartiene a Nietzsche” (p.134).
La collocazione del filosofo tedesco nell’idealismo ha come presupposto l’idea, comune nella cultura americana, di uno spirito di fondo unitario che accomuna, pur nelle differenziazioni, tutte le correnti dell’idealismo post-kantiano. Il punto di incontro tra Nietzsche e l’idealismo individuato da Royce consiste nella questione dell’“unità della personalità” [unity of selfhood] e dalla sua espressione nel dominio individuale e sociale.
In Albori di una ricezione: Nietzsche e i primi lettori americani di Tiziana Andino si esamina la ricezione di Nietzsche nella cultura americana a partire dal secondo dopoguerra. All’inizio ci sono molte difficoltà a causa del fatto che Nietzsche è considerato un poeta e un mistico e non un vero filosofo e ancora negli anni ’50 ci sono lettori che sentono l’esigenza di giustificare l’inserimento dell’autore tedesco nella storia della filosofia. Emblematico a questo proposito è Glenn Gray che nel 1953 da un lato giustifica la sua scelta di considerare Nietzsche un filosofo, appellandosi all’autorità di Heidegger, dall’altro, riferendosi ai due filosofi europei, afferma: “Entrambi si occuperebbero più di comunicare una verità rivelata, che di argomentare e sviluppare un determinato punto di vista. Visto poi che la natura del mondo pare essere avvolta dal mistero, il loro procedere assomiglia all’osservare del mistico, che non crea, non fa scoperte sperimentali, ma solamente rivela ciò che intuisce”. (p.162)
Molte perplessità si rilevano nello studio dei rapporti di Nietzsche con la metafisica: le posizioni sono diversissime: Mary L. Coolidge nel 1955, nel tentativo di trovare un terreno di dialogo tra la filosofia europea e quella americana sostiene una corrispondenza sostanziale tra il pragmatismo e le filosofie europee che hanno come obiettivo primario la critica della metafisica. Entrambe le culture si collocano in una linea di rottura in cui trova posto anche Nietzsche. D’altro canto G. Watts Cunningham, affrontando il problema dei valori e di una loro fondazione che prescinda dalla metafisica, finisce col considerare il pensiero nietzschiano come una ricaduta nella metafisica.
Infine, si affronta il saggio di Kaufmann del1950, momento fondamentale per lo studio di Nietzsche in America, importante per la cultura filosofica statunitense quanto quello di Heidegger per quella europea. Kaufmann ha avuto il grande merito di aver sganciato Nietzsche dal nazismo ed è uno dei primi statunitensi a leggerlo come filosofo, rifiutandone la qualifica di poeta o di mistico. Tuttavia, alla luce di una lettura odierna, la sua opera presenta gravi limiti, soprattutto l’indebolimento di due concetti così fondamentali come la trasvalutazione e la volontà di potenza.
Nell’ultimo saggio, Teoria e narrazione. Nietzsche tra Rorty e Nehamas, Donatella Morea introduce la sua tesi focalizzando l'attenzione sull’appropriazione postmoderna di Nietzsche da parte dell’americano Rorty che tenta di leggere il filosofo tedesco in chiave narrativa. Tuttavia, nella sua divisione dei filosofi tra “metafisici” e “ironici” Nietzsche è definito un “teorico ironico” in quanto “rilegge il passato come il succedersi di tentativi volti a trovare un vocabolario definitivo, il proprio” (p.205), ma in seguito Nehamas e Conway muteranno completamente la prospettiva vedendo nello sperimentalismo linguistico e stilistico del pensatore tedesco proprio la negazione di ciò che Rorty aveva sostenuto.
Nella seconda parte (la prima delle Appendici) del volume sono stati inseriti due scritti americani su Nietzsche, il primo di Santayana del 1915 e l’altro di Royce dell’anno successivo. Nelle pagine di Santayana abbiamo un caso di ricezione che il curatore della raccolta definisce “idiosincratica”: nonostante alcuni punti in comune tra i due pensatori (avversione alla società di massa, alla barbarie industriale, al consumismo) l’autore tedesco viene duramente condannato come egotista, antidemocratico e irreligioso.
Royce, invece, coglie gli aspetti esistenziali più profondi dell’individualismo del filosofo tedesco e, contro quelli che insistono esclusivamente (e superficialmente) sul valore “liberatorio” della sua morale, mette in rilievo la centralità dell’autodisciplina e della costruzione di sé. Tuttavia queste tematiche non vanno mai oltre la sfera dell’individuo.

Indice

Introduzione 
Benedetta Zavatta 
La passione della grandezza in Nietzsche lettore di Emerson 
David Justin Hodge 
Una traduzione transatlantica: Fato e libertà in Emerson e nel giovane Nietzsche 
Sergio Franzese 
Santità e ascetismo: tra energetismo e filosofia della forza. William James lettore di Nietzsche 
Jason Bell 
Royce e Nietzsche: individualità affermativa e doveri comunitari 
Tiziana Andina 
Albori di una ricezione: Nietzsche e i primi lettori americani 
Donatella Morea 
Teoria e narrazione. Nietzsche tra Rorty e Nehamas 

Appendici 
Presentazione 
G. Santayana 
Trittico su Nietzsche 
J. Royce 
Nietzsche 
Estratti 

Indice dei nomi