Patafisica e arte del vedere

Jean Baudrillard


Patafisica e arte del vedere - Jean Baudrillard
s

pagine 128

10,00 euro

2002, ed. italiana 2006

Giunti, Firenze


Patafisica e arte del vedere raccoglie alcuni testi sull'immagine di Jean Baudrillard, uno dei sociologi, semiologi e filosofi più conosciuti al mondo per la sua pungente e spietata analisi del "sistema degli oggetti": la realtà come simulazione e rappresentazione, come insieme di segni che ormai rimandano solo a se stessi e nulla hanno più a che vedere con la sostanza "vera" della realtà.

Si tratta di cinque saggi scelti da Antonio Bertoli, che ne ha curato anche la traduzione -di cui quattro inediti in Italia e uno, "L'illusione non si oppone alla realtá", pubblicato nel catalogo della mostra "L'exil et l'apparence", Siena 2003, curata dallo stesso Bertoli- dove il pensiero di Baudrillard spazia dall'arte e dall'estetica allo statuto stesso dell'imagine, dalla fotografia alla televisione e all'analisi della societá e dei suoi segni / simulacri, di cui l'immagine è il simbolo per eccellenza. Il libro presenta inoltre un intervento di Baudrillard sulla Patafisica (Baudrillard è uno dei Satrapi del Collegio Superiore di Patafisica, insieme ad Umberto Eco, Edoardo Sanguineti, Fernando Arrabal, Dario Fo e Camilo José Celo): una prosa poetica -per questo presentata anche in lingua originale- che rende al massimo lo spirito di Alfred Jarry, fondatore della Patafisica, e del suo mitico personaggio Père Ubu. I testi contenuti in Patafisica e arte del vedere:

L'illusione non si oppone alla realtá - Se qualcosa vuole diventare immagine non è per durare, è per sparire meglio… Tramite l'immagine il mondo impone la sua discontinuità, il suo frazionamento, la sua istantaneità artificiale… L'intensità dell'immagine è commisurata alla sua negazione del reale, all'invenzione di un'altra scena… E' a prezzo di questa disincarnazione che l'immagine acquista questo potere di fascinazione, che diventa medium dell'oggettualità pura, che diventa trasparente a una forma di seduzione più sottile.

Al di lá della fine - Tutta l'arte moderna è la storia di una scomparsa, di una destrutturazione, di una decostruzione dell'arte. Ma adesso è finita, il processo è arrivato al di là del suo termine e siamo anche al di là della fine. Adesso non facciamo altro che riciclare le forme passate, ma il vero problema del passaggio oltre l'estetica è questo: che cosa c'è al di là dell'estetica? C'è ancora altra illusione che l'estetica?

Telemorfosi - Piú si va avanti nell'orgia dell'immagine e del vedere, meno ci si puó credere. La visione "in diretta" non fa che aggiungere irrealtá alle cose. I due parossismi, quello della violenza dell'immagine e quello del discredito dell'immagine, crescono secondo la stessa funzione esponenziale.

L'allevamento di polvere - È quando tutto è dato a vedere (come nel Grande Fratello, i reality shows, ecc.) che si percepisce che non c'è piú niente da vedere. È lo specchio della piattezza, del grado zero, dove si ha la prova, contrariamente a tutti gli obiettivi, della sparizione dell'altro… Banalitá della sintesi, costruita in circuito chiuso e sotto schermo di controllo.

Tra il cristallo e il fumo - C'è stato sempre il pericolo della capacità assassina delle immagini, assassine del reale, assassine del loro proprio modello, come le icone Bizantine hanno potuto assassinare l'identità divina… Tutte le fedi Occidentali sono state parte di questa scommessa sulla rappresentazione: che un segnale potesse riferirsi alla profondità del voler dire, che un segnale potesse scambiarsi per il voler dire, e che qualche cosa potesse garantire questo scambio -Dio, naturalmente. Ma come, se Dio stesso può essere simulato, cioè ridotto ai segnali che attestano la sua esistenza.

Patafisica - Ubu, lo stato gassoso e caricaturale, l'intestino crasso e lo splendore del vuoto. Perché ecco che tutto è forse stucco, e toc, anche un albero di legno… …La Patafisica è la piú alta tentazione dello spirito. L'orrore del ridicolo e della necessitá porta all'infatuazione enorme, la flatuositá enorme di Ubu.

 

Rafael Cippolini