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La costruzione dell'identità nelle classi scolastiche: studenti "intelligenti" e "meno intelligenti" a confronto
Raffaele Alessandro Panza, Claudio Fasola
2. La prima situazione sperimentale
La prima situazione sperimentale si è aperta con un’intervista semi-strutturata con l’insegnante, seguita da un finto test d’intelligenza somministrato ai ragazzi, i cui punteggi in realtà sono stati assegnati in base della griglia di rendimento compilata dal medesimo insegnante. I punteggi più alti sono stati attribuiti a quegli studenti inseriti nella categoria a “rendimento alto” e progressivamente sono stati assegnati punteggi più bassi procedendo verso la categoria degli studenti a “rendimento basso”. Al fine di rafforzare le attese dell’insegnante e le sue prospettive nei confronti degli studenti, gli è stato comunicato che i risultati al test rispecchiavano sostanzialmente la graduatoria di rendimento che egli aveva fornito al termine dell’intervista.
Successivamente si è comunicato all’insegnante che al fine di valutare meglio l’efficacia del test nel determinare il quoziente intellettivo degli studenti era necessario effettuare una prova di verifica. Sono stati scelti sei studenti tra quelli che avevano compilato il test, selezionati di modo che venissero comprese tutte le categorie di rendimento. Tra questi studenti è stato scelto anche lo studente indicato dall’insegnante come “meno intelligente”.
Si è chiesto allora all’insegnante di “inscenare” una situazione che richiamasse una normale lezione in aula, lasciando al docente la massima libertà nell’organizzare l’attività, chiedendo che fosse posta particolare attenzione a tutti quegli elementi che potessero convalidare le sue credenze rispetto i singoli studenti (e rispetto i risultati conseguiti nel test). Il docente ha scelto di leggere assieme a questi sei studenti una scheda sul lavoro, come ripasso di un argomento che avevano già discusso assieme in classe. Seduti in semicerchio, insegnante e studenti hanno iniziato una discussione che si è organizzata secondo il modello interattivo a tripletta (Inizio-Replica-Valutazione). L’insegnante chiedeva ad un ragazzo di leggere un passo della scheda, dopodichè gli poneva una domanda pertinente a quanto lo studente aveva appena finito di leggere (Inizio). Lo studente forniva una risposta alla domanda dell’insegnante (Replica) alla quale seguiva una valutazione da parte del docente (Valutazione).
Attraverso la video-registrazione è stato possibile cogliere gli aspetti interattivi più salienti di questa situazione.2.1 Interventi strutturanti ed astrutturanti
Un primo aspetto che è sembrato essere incisivo nell’interazione studente-insegnante è relativo all’esistenza di interventi strutturanti ed astrutturanti . Un particolare utilizzo degli interventi strutturanti od astrutturati sono tutte le domande che l’insegnante può fare ad uno studente al fine di stimolare in questo una risposta.
Gli interventi strutturanti generalmente sono domande che hanno una duplice funzione. Si pensi alla domanda “Dov’è la penna?”. In primo luogo questo intervento rappresenta una richiesta di informazione specifica, nell’esempio relativa alla collocazione di un oggetto nello spazio. In secondo luogo questa tipologia di domanda fornisce una struttura sintattica interrogativa che lo studente può facilmente trasformare in forma affermativa (“La penna è…”) e che rappresenta la base su cui egli successivamente potrà costruire la propria argomentazione.
Gli interventi astrutturanti hanno dei contorni più sfumati rispetto quelle strutturanti. Si pensi ad un insegnante che, una volta che lo studente ha terminato di leggere un brano, gli dica “Allora…” o gli faccia cenno con il capo per invitarlo a parlare, a commentare quello che ha appena finito di leggere. In questo caso l’intervento dell’insegnante è sfuocato: egli può riferirsi ad una domanda precedentemente formulata o può sottintendere una questione di carattere più generale (“Cosa hai capito del brano che hai letto?”, “Cosa ci vuole comunicare questo passaggio?”…). Esso è un invito vago rivolto allo studente ad iniziare un’argomentazione. Inoltre, l’aspetto più importante degli interventi astrutturanti è che essi non forniscono allo studente la struttura iniziale da cui può sviluppare la sua argomentazione.
Alle scuole elementari e medie-inferiori si insegna agli studenti come rispondere alle domande, ovvero trasformando la forma interrogativa in affermativa (“Dov’è la penna?”, “La penna è sul tavolo.”). In generale, per uno studente di scuola elementare o media-inferiore è più semplice rispondere ad un intervento strutturante. Pertanto, per uno studente è di particolare rilevanza saper gestire le risposte sia agli interventi strutturanti che a quelli astrutturanti.
A seguire verranno esposte alcune trascrizioni della video-registrazione fatta in classe per illustrare meglio i processi legati alle due tipologie di interventi e alle loro conseguenze .Sequenza 1
1. Ins. =qual è il messaggio che ti dà::: scheda.
2. Aless. in prati[ca questa:::
3. Ins. [e che cosa ti dice
4. Aless. questa scheda mi vuole::, cioè mi vuole illustrare i vari modi:: di lavorare, cioè anche se non:: non siamo certi del nostro: futuro, però diciamo che: ogni lavoro si basa su quattro:::
5. (0.5)
6. Aless. modi::, di lavorare
La linea 1 rappresenta l’inizio della prima sequenza, costituito da un intervento (domanda) strutturante dell’insegnante (=qual è il messaggio che ti da::: scheda.). La replica di Alessandro (linea 4) è costruita sulla base dell’intervento strutturante dell’insegnante, sia da un punto di vista del contenuto, sia da un punto di vista linguistico (questa scheda mi vuole::, cioè mi vuole illustrare i vari modi:: di lavorare).Ins. qual è il messaggio che ti dà::: scheda.
Alessandro questa scheda mi vuole::, cioè mi vuole illustrare i vari modi:: di lavorare
Come si può notare, nel momento in cui l’insegnante inizia l’interazione con un intervento strutturante aiuta lo studente, sia nel delineare meglio il senso della domanda, sia nel formulare la risposta da un punto di vista sintattico. Questa forma di interazione e le sue conseguenze sono state riscontrate durante tutta la videoregistrazione.
Al contrario, un intervento di tipo astrutturante pone lo studente in una situazione più problematica, come si può osservare nel seguente brano:
Sequenza 2
1. Savio star bene con la gente ed avere facilità di rapporti con le persone è una caratteristica indispensabile per tanti professionisti diversi, insegnanti i negozianti i medici i parrucchieri
2. Ins. mmm (allora)
3. Savio (allor) quando:::, ehm cioè, ehm, bisogna aver rapporto: con la gente::!
4. (1.0)
5. Savio con gli allievi!
6. Ins. esprimiti meglio
7. (3.0)
8. Ins. formula la frase
9. Ins. Lavora con la gen[te: chi::
10. Savio [cioè quando si lavora con la gente:, ehm, i parrucchieri!
11. Ins. chi sta?
12. Savio chi sta a contatto: con la gente
13. Ins. chi sta a contatto [con la genteDopo che Savio ha terminato di leggere la parte indicatagli dall’insegnante (linea 1), l’insegnante formula un intervento astrutturante che rappresenta l’inizio della struttura a tripletta (linea 2, mmm (allora)). Esaminando l’intero filmato risulta chiaro che l’invito a parlare da parte dell’insegnante sottende una domanda del tipo “Di cosa parla questa scheda?” o “Chi lavora con la gente?”. Eppure l’intervento dell’insegnante non fornisce a Savio né un contenuto specifico ma piuttosto sfumato, né un innesto sintattico su cui poter sviluppare una risposta.
Di fatto, la replica di Savio (linea 3, (allor) quando:::, ehm cioè, ehm, bisogna aver rapporto: con la gente::?) non soddisfa l’insegnante, il quale invita lo studente ad esprimersi meglio (linea 6), a formulare meglio la frase (linea 8).Ins. mmm (allora)
Savio (allor) quando:::, ehm cioè, ehm, bisogna aver rapporto: con la gente::!)
Dato il silenzio di Savio, l’insegnante gli porge un altro intervento, questa volta strutturante (linee 9, Lavora con la gen[te: chi::, e linea 11, chi sta?). Questa volta Savio coglie l’occasione al volo e sfrutta l’intervento strutturante procuratogli dall’insegnante (linea 12, chi sta a contatto: con la gente).
Ins. Lavora con la gen[te: chi:: chi sta?
Savio (sogg. sottintesto) chi sta a contatto: con la gente
Come si è potuto vedere dagli esempi sopra riportati, la correttezza linguistica dei ragazzi è in parte determinata dal tipo di intervento formulato dall’insegnante. Generalmente, un intervento astrutturante, sia una domanda che un semplice invito a parlare fatto col capo, pone lo studente in una situazione più complicata.
Durante un’intervista fatto dopo la videoregistrazione, lo stesso insegnante parlerà di “frammentarietà” del linguaggio adoperato da Savio. Pur ammettendo un eventuale poca familiarità che questo studente può avere nell’utilizzare un intervento strutturante per rispondere ad una domanda, in questa situazione la correttezza o l’incorrettezza sintattica delle sue risposte sembra essere anche la conseguenza dell’impiego di due tipologie di interventi differenti.2.2 La comunicazione non verbale: feedback positivi e negativi
La riposta di uno studente ad una domanda posta dall’insegnante è parsa essere costruita momento per momento attraverso i feedback che l’insegnante fornisce all’allievo. Mentre ascolta la risposta dell’alunno, l’insegnante attua tutta una serie di atteggiamenti che lo studente utilizza a suo vantaggio per capire se sta andando nella giusta direzione o in quella sbagliata, se deve proseguire in ciò che sta dicendo o modificarlo. Da qui l’importanza per lo studente della presenza di uno sguardo diretto e continuo con quello dell’insegnante, elemento che come i cartelli stradali ha la funzione di indicare in itinere la direzione che lo studente deve percorrere per giungere a dire ciò che l’insegnante si aspetta di sentire.
In generale la comunicazione non verbale dell’insegnante, durante la fase di Replica, può essere uddivisa in feedback positivi e negativi. I feedback positivi da parte dell’insegnante sono tutti quegli elementi che suggeriscono allo studente che ciò che sta dicendo è giusto ed invogliano a proseguire nell’argomentazione lungo quella strada. I feedback positivi più ricorrente durante il filmato sono i cenni di capo su e giù da parte dell’insegnante (cenni di sì).
Al contrario, i feedback negativi sono tutti quegli elementi che fanno capire al ragazzo che quello che sta dicendo è incorretto, incompleto oppure che non forniscono allo studente indizi per valutare se la sua argomentazione sta soddisfacendo le aspettative dell’insegnante. Specularmene al feedback positivo, quello negativo più ricorrente è stato l’assenza di cenni di capo su e giù dell’insegnante. Anche l’assenza di uno sguardo diretto rappresenta per lo studente un feedback negativo.
Un esempio dell’importanza dei feedback nell’interazione è esemplificata nel seguente passo:Sequenza 3
1. Ins. perché hai detto che tutti dovrebbero lavorare con le idee.
2. Rosalba perché:: senza:: pensare, riflettere:: su qualunque cosa,
3. (1.0)
4. Rosalba mmm
5. (2.5)
6. Rosalba cioè: in ogn-, in ogni lavoro: bisogna riflettere quello che si fa
7. Ins. Perfetto
vcbcIn questa sequenza lo sguardo tra insegnante e studente è diretto. Lo studente inizia a rispondere (linea 2) alla domanda dell’insegnante (linea 1). L’insegnante è lì che ascolta senza muoversi (feedback negativo) quanto lo studente sta esponendo. Tuttavia ben presto lo studente si ritrova in difficoltà nel tentativo di completare il suo discorso (da linea 3 a linea 5). Solo allora, resosi conto dell’incertezza dello studente, l’insegnante comincia a fare “cenno di sì” col capo (da linea 4 a linea 6) come per indicare allo studente che stava procedendo lungo la giusta strada e per invogliarlo a proseguire. Sulla base dell’indicazione fornita dall’insegnante, lo studente completa la sua risposta (linea 6). Pertanto, l’abilità dello studente intelligente consiste nel riagganciarsi al concetto che stava formulando, riproponendolo, ampliandolo o riformulandolo, modellando la sua risposta sulla base dei feedback ricevuti dall’insegnante.
2.3 Gli schemi di tipizzazione
E’ stato rilevato l’uso frequente da parte dell’insegnante di schemi di tipizzazione. Gli schemi di tipizzazione sono «modalità organizzative della conoscenza interpersonale che si basano su astrazioni categoriali» (Salvini, 2004, p.70). All’interno del contesto scolastico, gli schemi di tipizzazione impiegati da parte dell’insegnante veicolano la selezione di informazione e l’atteggiamento nei confronti dell’alunno. Gli schemi di tipizzazione che l’insegnante pare aver messo in atto sembrano rifarsi alle categorie di ragazzo “intelligente” e “meno-intelligente” emerse durante l’intervista.
Si consideri il seguente esempio. Durante l’intervista l’insegnante ha parlato dello studente “meno intelligente” come di un allievo che mentre parla fa abbondante uso di intercalari (“cioè”, “diciamo”, ecc.), all’inizio, durante ed a fine frase. Eppure durante l’analisi delle videoregistrazioni è stato notato come questo uso “improprio” del linguaggio sia caratteristica di uno degli studenti definiti dall’insegnante come “più intelligenti”.
Sequenza 41. Ins Alessandro ((l’insegnante interpella Alessandro circa una domanda a cui un altro studente non ha saputo rispondere))
2. Aless. farlo sentire a proprio agio,
3. Ins. mmm
4. Aless. cioè non:::, farlo:::, cioè: non dargli ogni volta d-, del lei:: ma: del tu::, farlo: come se fosse::, diciamo, a casa sua, diciamo=
5. Ins. =mmm, quindi instau[rare subito un rapporto confidenziale
6. Aless [instaurare subito un rapporto confidenziale
7. Ins. per non creare que[sto distacco
8. Aless. [questo distacco sì
9. Ins. e secondo te una persona che sta bene con la gente, cioè un lavoratore che ehm::=
10. Aless. =è più avvantaggiato anche rispetto agli altri
11. Ins. perché
12. Aless. cioè perché:::, ci sono:: proprio dei lavori, cioè che devi essere proprio a contatto con la gente,
13. Aless. per esempio gli insegnanti, cioè se un insegnante non sa ehm, spiegare::, colloquiare con i propri allievi, con:: i genitori degli allievi, cioè:: è difficile poi: farsi capire::!
14. Ins. e quindi anche:::
15. (0.5)
16. Ins. realizz[arsi insomma
17. Aless. [eh realizzarsi
18. Ins. mmm perfetto
Nella sequenza 4, si può notare come lo studente in questione, quello “più intelligente”, durante le sue risposte (linee 4, 12 e 13) faccia ampio ricorso ad intercalari come “cioè” o “diciamo”. Tra tutti gli studenti della classe l’alunno in questione è proprio quello che tra tutti fa più uso di intercalari. Eppure l’insegnante, nell’intervista fatta dopo la prova sperimentale associa questo uso linguistico ai ragazzi “meno intelligenti”, di certo non ad Alessandro.
L’impiego di schemi di tipizzazione da parte dell’insegnante sembra anche aver influenzato tutta una serie di comportamenti nei confronti dei diversi studenti. Ad esempio, il ragazzo “intelligente” tende a ricevere più feedback positivi anche nel momento non sta fornendo una risposta che, secondo i canoni dell’insegnante, si potrebbe considerare esaustiva. Al contrario, il ragazzo “meno intelligente” tende a ricevere più feedback negativi, anche nei casi in cui la sua risposta potrebbe essere considerata completa, grammaticalmente e sintatticamente corretta, anche se magari corta e sintetica.2.3 La "strategia dell'eco"
La strategia dell’eco consiste in una modalità interattiva adottata dallo studente “intelligente” che consiste nell’usare una frase appena pronunciata dal professore per completare un concetto. Per esemplificare questa strategia si riconsideri la sequenza 4.
Alessandro comincia ad illustrare il suo punto di vista (linee 2 e 4). L’insegnante interviene per completare e generalizzare il pensiero di Alessandro (linea 5, mmm, quindi instau[rare subito un rapporto confidenziale), il quale istantaneamente ripete le ultime parole pronunciate dall’insegnante (linea 6, [instaurare subito un rapporto confidenziale). Ancora una volta l’insegnante interviene a specificare la risposta “corretta” (linea 7, per non creare que[sto distacco), che prontamente Alessandro ribadisce come se fosse un’idea propria (linea 8, [questo distacco sì). Lo stesso modello di comunicazione si ripete alle linee 16 (realizz[arsi insomma) e 17 ([eh realizzarsi).
Il risultato che lo studente ottiene tramite questa strategia è di rendere nell’insegnante l’illusione di aver reso linguisticamente un concetto che lo studente aveva in mente. Di fatto, questa interazione termina con la piena soddisfazione dell’insegnante rispetto quello che Alessandro “ha argomentato” (linea 18, mmm perfetto). Va comunque osservato che il senso e l’efficacia di questa come di altre strategie risiede all’interno della specifica relazione ed è inscindibile dalle rappresentazioni che gli attori sociali hanno l’uno dell’altro. In altre parole, la “strategia dell’eco” in questo caso si è rivelata efficace per due ragioni: da un lato lo studente era in grado di usarla, dall’altro vi era un insegnante che categorizzava l’allievo come “intelligente”. E’ stata notata l’inefficacia di questa strategia allorquando l’insegnante interagiva con un allievo categorizzato come “poco intelligente”. In questo caso il ripetere da parte dello studente una porzione di frase appena pronunciata dall’insegnate veniva considerato da quest’ultimo un parlare “a pappagallo”.2.4 Sbirciare nel quaderno
Durante l’intervista l’insegnante ha parlato del ragazzo “meno intelligente” come uno studente che utilizza un linguaggio frammentario, costruito di frasi che sembrano esser messe lì a caso. Dall’analisi delle videoregistrazioni è emerso come tale uso del linguaggio non sia sempre una caratteristica propria dello studente, ma dipenda dall’impiego di strategie poco efficaci all’interno della classe.
E’ stato anche notato come alcuni studenti, nel tentativo di approfondire una risposta o di formulare meglio un pensiero, sbircino sul quaderno alla ricerca di qualcosa che possa salvarli da una situazione di stallo, in cui non sanno come rispondere. Spesso però questa strategia non solo si rileva inefficace ma anche controproducente. Si consideri la seguente sequenza.Sequenza 5
1. Michele nello schema puoi osservare quattro, quattro modi diversi di lavorare, quasi tutte le professioni si svolgono lavorando un po’ in un modo un p-, po’ in un altro, in genere però prevalgono le, caratteristiche di uno di questi modi
2. Ins, Allo(ra) che cosa vuol dire questa scheda
3. Michele vuole parlare:: che:, vuole dire: che ci sono quattro modi di lavorare, ehm::, ehm::
4. (0.5)
5. Michele ci s-, ehm::, prevalgono:: delle caratteristiche, di: questi quattro modi, che possono essere i dati la gente=
L’insegnante si rivolge a Michele, uno dei ragazzi “meno intelligenti”, dopo che questo ha finito di leggere un passo da un testo (linea 1). L’insegnante pone una domanda a Michele (linea 2), il quale comincia a rispondere (linea 3), ma non ricevendo alcun feedback da parte dell’insegnante tenta di scovare la risposta “esatta” cercandola nel testo.
L’effetto che però Michele ottiene è di pronunciare una frase che sembra piazzata lì a caso, così come giudicherà lo stesso insegnante al termine dell’interazione.nello schema puoi osservare quattro, quattro modi diversi di lavorare, quasi tutte le professioni si svolgono lavorando un po’ in un modo un p-, po’ in un altro, in genere però prevalgono le, caratteristiche di uno di questi modi (passo letto da Michele)
ci s-, ehm::, prevalgono:: delle caratteristiche, di: questi quattro modi, che possono essere i dati la gente= (risposta di Michele)
2.5 Linguaggi incoerenti
Nell’intervista l’insegnante ha lamentato il fatto che molti ragazzi non si sappiano esprimere in maniera corretta, il loro linguaggio appaia frammentato, utilizzino intercalari ad inizio e durante le frasi, ecc.
Se un insegnante, uno psicologo od una persona dotta sentissero parlare a lungo uno di questi studenti “meno intelligenti”, anche al di fuori della classe, probabilmente confermerebbero l’opinione dell’insegnante sul fatto che il ragazzo adoperi un linguaggio frammentario e sintatticamente incorretto, che richiama tantissimo le forme dialettali locali (come lo stesso insegnante ha notato, parlando di “linguaggio quotidiano”).
L’impiego di questo linguaggio a scuola rende il ragazzo “meno intelligente”. Tuttavia come apparirebbero questi ragazzi se a scuola i canoni linguistici adottati – quelli “corretti” – fossero quelli delle forme volgari del dialetto andriese?”. In altre parole, gli studenti che parlano con un linguaggio definito dall’insegnante “frammentario” in realtà sono poco esperti nel padroneggiare una forma linguistica che presumibilmente hanno poco praticato in altri contesti, in famiglia come in altri contesti affiliativi. Un ragazzo che parla un perfetto italiano e che ha praticato poco le forme dialettali locali potrebbe recitare bene una commedia in dialetto? Forse in questa situazione il nostro ragazzo “meno intelligente” si rivelerebbe un vero esperto anche nell’improvvisare una parte, nell’adoperare la giusta intonazione di voce, nel gesticolare e nel ricordare a memoria e correttamente le battute. L’errore che spesso si commette è quello di oltrepassare una sottile linea di demarcazione che separa il fatto che uno studente possa essere più o meno esperto del linguaggio richiesto in classe, dal definirlo stupido, meno intelligente, meno abile o incapace di capire.