La depressione come costruzione sociale

Maria Grazia Pugliese

2. Premesse Teoriche

Parlare di un fenomeno come la depressione in termini di costruzione sociale, vuol dire accostarsi a una linea di pensiero che vede l’uomo non più come passivo riflesso di forze che gli s’impongono, provenienti da fuori o dentro di lui, e che ne determinano comportamento e identità, ma come essere in grado di adattare attivamente a sé l’ambiente che vive, grazie alla sua capacità creativa di rappresentarsi l’ambiente e non semplicemente di rispondere ad esso. L’ambiente è in sostanza il risultato delle azioni di un soggetto attivo, e sarebbe determinato dal modo, dai mezzi, dalla disposizione nell’osservarlo, conoscerlo e comunicarlo. Si forma nei processi d’interazione ed attraverso l’attribuzione di significati all’esperienza. Cessa perciò d’essere luogo denso di informazioni da dare all’uomo, per divenire luogo d’incontro, di sperimentazione, di diverse possibilità e opportunità….
Ciò che è osservato non sono cose, proprietà o relazioni di un mondo che esiste indipendentemente dall'osservatore, bensì delle distinzioni effettuate dall'osservatore stesso, in seguito alla propria attività nell'ambiente.
Vuol dire accostarsi all’uomo ricercatore di Kelly, l’uomo-scienziato, che si spiega la realtà che vive attraverso un processo di costruzione di teorie rispetto a ciò che il mondo sia e, a livello dell’azione o del comportamento osservabile, agisce per sperimentarne la validità e congruità. Kelly non ritiene possibile un contatto diretto con la realtà, senza alcun tipo d’interpretazione. La sola cosa (che ci è) concessa è fare ipotesi su ciò che la realtà è, per poi verificarne o meno l’utilità. Da questi presupposti, e dalla concezione di sapere/conoscenza come costruzione soggettiva elabora la Psicologia dei Costrutti Personali, il cui scopo è arrivare a conoscere il significato e il valore che le persone attribuiscono alla propria esperienza, e le modalità con cui sviluppano le loro conoscenze e le utilizzano nelle esperienze successive, anticipandone i fatti. L’anticipazione rappresenta il tentativo di costruire invarianti per imporre un minimo d’ordine alla realtà, assimilarne e differenziarne i diversi elementi. Le previsioni costruite possono essere più o meno vere rispetto alla realtà ontologica, ma ciò che più ha importanza è che rappresentino modelli utili per orientarsi e muoversi all’interno del proprio mondo. La crescita della conoscenza è perciò data dalla capacità del sistema conoscitivo di riconoscere il nuovo, adattare il sistema, e costruire su questo nuove strutture di previsione. L’esperienza sarebbe dunque un complesso processo di costruzioni di aspettative, di loro invalidazioni, e nuove costruzioni. Il vero apprendimento è dato dal fallimento di un’aspettativa e dalla capacità del sistema di compiere nuove costruzioni. I dati osservativi qui, non costituiscono più la base di costruzioni teoriche, quanto piuttosto “controlli” sperimentali, verifiche di ipotesi.
Dal momento che non esiste un unico modo valido di costruire il mondo, l’uomo può formarsi rappresentazioni alternative della realtà: ciascuno ha cioè la propria visione del mondo (i costrutti sono, infatti, detti "personali"), che può cambiare nel corso del tempo a mano a mano che viene posta a confronto con gli eventi.
Gli uomini inoltre, a differenza degli altri mammiferi superiori, non hanno alcun ambiente proprio, e non sono dotati di un corredo istintuale e/o biologico adatto per sopravvivere nell’ambiente naturale. La loro caratteristica è una “non-specializzazione” costitutiva, e allo stesso tempo, un’apertura culturale di fronte al mondo, che li porta ad oggettivarsi in esso, auto-ponendosi dei vincoli normativi. Ciò significa che creano il loro ambiente, con la totalità delle sue formazioni sociali, culturali e psicologiche, e ciò avviene attraverso la conoscenza condivisa (scienza, morale, ecc…) e la tecnologia (azioni). L’ordine, la realtà sociale è perciò costituita dall’interazione fra gli individui, è un prodotto tipicamente umano, che si forma nei tre momenti dialettici della Esteriorizzazione, dell’Oggettivazione e dell’Interiorizzazione. Berger e Luckmann vedono la società come contemporaneamente dotata sia d’oggettività, sia come momento di costruzione soggettiva. Oggettività perché la realtà sociale si presenta all’individuo come struttura predefinita, costituita da istituzioni, norme, schemi, abitudini che dovranno essere apprese per comunicare con gli altri. La ripetizione di azioni si cristallizza in schemi che modellano l’esperienza umana, e guidano il modo di percepire il comportamento altrui. Il processo di istituzionalizzazione ha luogo ovunque vi sia una “tipizzazione reciproca” di azioni abitudinarie, e in questo modo si crea uno sfondo di cultura comune, substrato conoscitivo su cui gli individui comprendono le proprie azioni (la propria identità sociale) e quelle degli altri. Lo stesso vale per le categorie che si usano per parlare e pensare, anch’esse prodotto dell’evoluzione di una società, e assorbite durante l’acculturazione. Tutta la nostra conoscenza è perciò locale e dinamica, in quanto frutto di una negoziazione tra persone all’interno di un dato contesto e ad un dato momento, e dove “locale” significa in uno specifico contesto, in una specifica comunità, e non limitato e circoscritto ad un gruppo di persone. Questi significati non sono racchiusi nella scatola cranica e non esistono dentro quella che pensiamo come una “mente” individuale. La mente in quest’ottica non esiste di per sé, ma, al pari degli altri, è un concetto creato dalle pratiche discorsive degli uomini.  I significati, lo sviluppo di concetti, sono parte di un flusso generale di narrative in costante cambiamento, un processo fluido e derivato socialmente. Dal momento che ogni forma di conoscenza è il risultato di una negoziazione che avviene attraverso l’interazione, e che gli “oggetti” si formano attraverso l’uso di parole, il linguaggio non solo passa ad essere considerato costruttivo e non più referenziale, ma diviene un fattore cruciale in tale processo.
L’interesse è diretto al come il linguaggio modella gli eventi nelle narrazioni reciproche, e alle modificazioni che, gli stessi processi di costruzione, attraversano nel tempo e nelle culture, focalizzandosi quindi sulla creazione di significato, sull’esistenza, sullo sviluppo e sul ruolo del significato condiviso. Lo stesso linguaggio è infatti una forma di accordo, uno strumento creato dall’uomo che trova significato solo all’interno del contesto in cui viene utilizzato. Si presenta a noi come una fattualità esterna, che ci costringe nei suoi modelli, e al contempo ci permette di classificare le nostre esperienze, in modo da:”…incasellarle in categorie generali che hanno significato non solo per me stesso ma anche per i miei simili.” (Berger, Luckmann, 1966, p.62).
In breve, i sistemi di credenze che impariamo con la cultura di cui facciamo parte, non vengono più intesi semplicemente come eventi reali, oggettivi, ma sono considerati come storie che gli esseri umani si narrano per organizzare e interpretare la loro esperienza. Allo stesso modo anche le diverse culture, istituzioni, filoni di pensiero, modi d’intendere la conoscenza possono essere definite come storie o narrazioni diverse; nel caso della psicologia ad esempio, ogni orientamento, modello o corrente rappresenta una storia, originando narrazioni diverse ma continue, all’interno di quella narrazione più generalizzata che, fin dal suo apparire è stata la psicologia. L’identità personale è quindi meno stabile nel tempo e nelle diverse situazioni; al contrario, essa diventa una vera e propria narrazione che la persona produce con la collaborazione di quanti sono presenti nel suo contesto relazionale
Il linguaggio diventa perciò fondamentale per le questioni umane, come pure le dimensioni semantiche proprie con cui la persona dà senso a se stessa, alla realtà e al proprio mondo relazionale. Dal punto di vista clinico, l’approccio consiste fondamentalmente nel vedere il mondo con gli occhi del soggetto, per arrivare a comprendere il suo sistema costruttivo, le sue modalità di anticipare gli eventi e di interpretare la realtà, attraverso la scoperta dei significati che dà a ciò che vive. Non si è più “interessati” a valutare se e quanto le costruzioni corrispondano alla realtà esterna, ma a chiedersi se siano internamente coerenti e in grado di far raggiungere gli obiettivi.
In campo clinico analisi e ricerche condotte in questo campo hanno portato modelli alternativi nell'affrontare e darsi risposta dei diversi disturbi mentali. Kelly è stato il primo ad aver provato a comprendere e spiegare le distinzioni nosografiche usate in clinica attraverso la “Teoria dei costrutti personali”, con lo scopo di conoscere il significato e il valore che le persone attribuiscono alla loro esperienza e le modalità con le quali sviluppano le loro conoscenze e le utilizzano nelle esperienze successive, anticipandone gli eventi. Il presupposto di base della teoria di Kelly è quello della soggettività: la conoscenza è una costruzione soggettiva, il sapere è una costruzione che ha soprattutto a che fare con le strutture di pensiero personali e con le norme operative ed emotive con le quali l’esperienza è vissuta. Pensiero, comportamento ed emozioni sono tre fattori che influenzano la costruzione di significati e ne sono al tempo stesso influenzati. Il sistema di costrutti è gerarchico: per anticipare eventi in modo più utile, ogni persona sviluppa, con caratteristiche particolari, un sistema costruttivo che comporta relazioni ordinali tra i costrutti. Questo significa che i costrutti sono ordinati gerarchicamente: si collocano al vertice quelli che si riferiscono a dimensioni via via più centrali e nucleari e che rispondono ai “perché” fondamentali per la propria esistenza. Si collocano in posizione periferica quelli che si riferiscono a dimensioni concrete e che rappresentano la “manifestazione visibile” dei propri perché. La teoria è volutamente formulata in termini astratti per evitare di essere legata ad un periodo storico o a una cultura particolare, nel tentativo di definire la psicologia come psicologia delle persone, e risulta deliberatamente priva di contenuti, che devono essergli forniti da chi la utilizza. Attraverso l'elaborazione di dimensioni, chiamati “costrutti diagnostici” descrive le strutture conoscitive d’individui in funzionamento ottimale e patologico. Questi costrutti individuali sono assi di riferimento su cui valutare la natura e le relazioni fra costrutti, e rispetto ai quali è possibile collocare il comportamento della persona ed i suoi cambiamenti. I “costrutti” sono perciò astrazioni teoriche che devono misurarsi con i fatti attraverso la previsione, o non sarebbe possibile alcun rapporto con la realtà, e si tratta essenzialmente di discriminazioni che una persona può operare. Ciascuno di noi vede quindi la sua situazione attraverso gli “occhiali” del suo sistema personale di costrutti . Ogni costrutto è distinto in due poli (esempio il costrutto gradevole implica il polo opposto non gradevole) da non considerare in modo positivo o negativo, né universalmente definibili. E’ importante sottolineare che tali costrutti non sono di per se anomalie nel sistema, ma indicano direzioni di movimento nel processo di costruzione, che portano in alcuni casi ad ampliare le capacità predittive, in altri all’incapacità di rielaborare una costruzione ripetutamente invalidata. A seguito di anticipazioni fallimentari infatti, il sistema di costrutti deve essere in grado di rivedere quelli inadeguati. Il disturbo psicologico in quest’ottica, nascerebbe dall’incapacità del sistema conoscitivo di “riparare” gli eventi non compresi dalle strutture fallimentari. Quando le persone si sentono al di fuori del loro sistema di costrutti si sentono minacciate e possono mettere in atto comportamenti di “resistenza”. Attribuire alla resistenza un valore negativo potrebbe significare precludersi la comprensione del significato di quel comportamento etichettato come “resistente”. In altri termini, la “resistenza” è una valutazione esterna di un comportamento a cura di chi non condivide quel comportamento. Secondo la psicologia dei costrutti ciò che comunemente è detto resistenza potrebbe semplicemente significare ricerca di coerenza o di stabilità (coerenza fra il proprio sistema di credenze e i comportamenti messi in atto).