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La depressione come costruzione sociale
Maria Grazia Pugliese
3. La depressione secondo la psicologia dei costrutti
Il progressivo ritirarsi dal mondo tipico del soggetto depresso è descritto da Kelly come frutto di un processo di costrizione nel costruire la realtà. La costrizione è definita come un restringimento del campo percettivo da parte dell’individuo, che sistematicamente esclude da questo qualunque “evento” possa creare incompatibilità con il suo sistema di costrutti. In gergo tecnico, significa affrontare l’invalidazione (o la presunta tale) senza operare l’elaborazione di nuove costruzione riguardanti gli eventi esclusi, che lentamente conduce ad un impoverimento generale del sistema di costrutti stesso. Nelle situazioni più estreme il suicidio può diventare l’estremo atto di costrizione con cui salvarsi dall’ansia derivata dal confronto con un sempre maggior numero di eventi non compresi. La scelta del soggetto depresso di migliorare la capacità predittiva del proprio sistema operando una costrizione, va compresa all’interno uno dei corollari che compongono la teoria dei costrutti, quello della scelta, che dice:
Una persona sceglie per sè quell'alternativa in un costrutto dicotomizzato per mezzo della quale anticipa la maggiore possibilità di elaborazione del suo sistema di idee.
Significa che una maggiore probabilità di elaborazione del proprio sistema è resa possibile sia da una sua più precisa definizione (per esempio conferma e previsione di molti aspetti di eventi già costruiti), sia da un’estensione del suo contenuto, attuabile mediante l’ampliamento del campo di applicabilità dei costrutti, per rendersi possibile l’esplorazione di eventi altrimenti esclusi. Il soggetto depresso in questo caso, elabora la sua teoria sul mondo solo migliorandone la definizione che già possiede, fino a trovarsi con un sistema che è privo di contraddizioni (perché si risponde al fallimento previsionale evitando ciò che non si comprende), ma fisso, impermeabile e strettamente definito e costretto in quanto ad applicabilità, data la progressiva costrizione di eventi con cui confrontarsi.
In sostanza si impegna solo in azioni che portano alla convalida dei suoi costrutti sul sé, costruendosi volta per volta una struttura stabile ma fragile e vulnerabile davanti ad esperienze invalidanti.
Ricerche condotte in questo campo hanno rivelato una percentuale molto bassa di aree conflittuali nel sistema di soggetti depressi, a favore dell’ipotesi di costrizione del campo percettivo, ed altre riguardanti la loro “tipica” bassa autostima, hanno rilevato una forte discrepanza, in questi individui, tra sé attuale e sé ideale. Si tenga inoltre presente che svariati studi indicano che i cambiamenti d’umore covariano con cambiamenti nella valutazione negativa del sé. Interessanti sono i lavori di Dorothy Rowe, e il suo uso della griglia di repertorio della teoria dei costrutti all’interno del colloquio psicoterapeutico, per migliorare la comunicazione tra paziente e terapeuta. La depressione non è considerata come insieme di sintomi da eliminare, bensì come una visione particolare del mondo, dovuta a una sorta di “iperdifferenziazione” (causata dalla limitatezza del campo percettivo) messa in atto dal costrutto sul campo di applicabilità, quasi come ci fosse fra le sue due polarità un muro insormontabile, e l’individuo scegliesse di rimanere nella parte negativa. E’ questa la “realtà” su cui lavorare per ottenere dei cambiamenti, è necessario pertanto analizzare e modificare quei costrutti che portano il soggetto a stati d’isolamento sempre maggiori.