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La depressione come costruzione sociale
Maria Grazia Pugliese
5. La svolta narrativa
Lo sviluppo dell’ipotesi costruzionista della realtà, ha condotto ad intrecciare la riflessione sulla conoscenza terapeutica con la riflessione sui processi comunicativi in cui si genera tale conoscenza e a orientare l’attenzione verso la negoziazione e gli scambi linguistici, conversazionali e dialogici interni al sistema terapeutico. In questa prospettiva, diversi studiosi hanno dato un impulso decisivo in direzione di una “svolta interpretativa” ( Metodo interpretativo in quanto si studiano i processi attraverso i quali le persone attribuiscono significato al mondo. Dal momento che non è possibile avere una percezione della realtà oggettiva, ogni atto cognitivo implica un’interpretazione da parte del soggetto della sua esperienza del mondo. E ogni atto interpretativo implica l’attribuzione di significato), proponendo la conversazione come metafora e strumento centrale della terapia stessa. In altre parole, si registra una “svolta linguistica”. La conversazione terapeutica si colloca al centro dell’attenzione, a scapito della direttività, che viene messa da parte. Il terapeuta è solo una specie di esperto nel metodo, il cui compito è suggerire strumenti, procedure e tempi per portare avanti il processo di auto conoscenza.
La terapia acquista una dimensione “narrativa”, si delinea cioè come un contesto comunicativo entro cui terapeuta e individuo in terapia cercano di costruire copioni conversazionali diversi da quelli in cui i “problemi” si sono originati e dai quali invece si possano generare nuovi modi di narrarsi e quindi anche di essere. La finalità della terapia si configura non tanto come scoperta dei modi “disfunzionali” di essere e relazionarsi delle persone e delle conseguenti “giuste” contromosse, ma piuttosto quanto la costruzione delle possibilità per le persone di crearsi liberamente altri copioni narrativi per raccontare e raccontarsi.
Kelly definisce l’impresa psicoterapeutica come processo inventivo e creativo. Traccia un forte parallelo tra il pensiero creativo necessario in terapia e quello che serve nel ragionamento scientifico, in quanto entrambi formano sia le ipotesi sia le previsioni, ed inoltre:
“…sono progettate per abbracciare il futuro piuttosto che per imbalsamare il passato.” (Kelly, 1955, p.381).
La psicoterapia deve perciò concentrarsi sulla creazione di nuove ipotesi e previsioni che costituiscano un livello più elevato verso l’invenzione di un nuovo sistema di costrutti, e non cercare di riparare o rattoppare i guasti del sistema corrente.
Per favorire il racconto di storie, strumenti utili sono le metafore, spesso presenti nel linguaggio di ciascuno, specie per esprimere sentimenti, stati d’animo, sensazioni. La metafora, definibile come trasferimento di significato, permette di cogliere le cose simili, collegando anche cose lontane tramite similitudini, e in tal modo rende possibile accorgersi di nuove connessioni. E' definita in termini di movimento, di cambiamento di posizione, come indicano il prefisso “meta” e il termine “fora”. In latino era detta anche traslatio. L'uso della metafora è essenziale al linguaggio umano in quanto consente di trasmettere pensieri e concetti altrimenti difficili da comunicare. Lo stato d'animo di un paziente depresso si visualizza in metafore comuni quali: “sono giù”, “il mio morale è basso”, “mi sento a terra” ecc…
Le metafore aprono nuove possibilità alla conoscenza, esse non solo aderiscono alla realtà, acquistando perciò un senso, ma ne dilatano gli orizzonti, e permettono di accedere a nuovi significati.
L’importanza terapeutica delle metafore sta nell’essere in grado di offrirne nuove, per sostituire gli effetti delle precedenti ed aiutare l’individuo ad attribuire nuovo senso e significato alle situazioni, eventi, a sé stessi e al mondo.
Il soggetto diventa più consapevole della precarietà delle proprie convinzioni, dei limiti delle interpretazioni, e delle semplificazioni del linguaggio cui è soggetta l’intera comunicazione umana, per muoversi alla ricerca di più soddisfacenti teorie esplicative.
In ambito terapeutico, la metafora può dunque essere utilizzata come strumento elettivo, come mezzo fondamentale di comunicazione fra paziente e terapeuta.
Diversi modelli terapeutici si avvalgono abbondantemente di metafore spaziali per localizzare, metafora nella metafora, “gli oggetti” da trattare. Dal momento che in quanto esseri umani pensiamo per storie, all'interno di queste, la metafora, diventa continuata, cioè una metafora si collega ad un'altra nell'insieme di intere strutture narrative e discorsive. E così come il paziente narra e racconta, anche il terapeuta narra e racconta. La metafora del terapeuta può essere sollecitata dalla metafora posta dal paziente: alcuni individui si rivelano spesso tramite la metafora. E' compito di chi ascolta rendersi conto di come rispondere al discorso metaforico del proprio paziente.
Sembra che esista un nesso fra metafora, sintomi e intervento terapeutico. L'emisfero cerebrale destro sarebbe il luogo del linguaggio metaforico e contemporaneamente l'emisfero dei disturbi psicosomatici. Pertanto, esso si predisporrebbe, più di quello sinistro, all’elaborazione della metafora.
Una ricerca sull’uso della metafora in soggetti depressi durante la psicoterapia ha mostrato come, individui con esito terapeutico positivo, tendano ad utilizzare le metafore condivise con il terapeuta per rappresentare i propri stati interni, cosa che fanno meno frequentemente soggetti con esito terapeutico negativo, che rappresentano per lo più metaforicamente esperienze esterne ai temi della terapia.
Inoltre nelle terapie a “buon fine”, le metafore si modificano con il procedere della terapia, qualificandosi come indicatori di cambiamento, cosa che non succede negli altri soggetti, che restano ancorati alle metafore di inizio terapia, senza concedersi la possibilità di “scaricarne” il contenuto rappresentandosi l’evento in altri modi, accedendo ad altri significati.