Le ragioni di una psicologia giuridica costruttivista

Simona Luciani Marco Inghilleri

Le società contemporanee sono caratterizzate da un processo di cambiamento culturale che ha dato luogo a inedite configurazioni sociali, quali la trasformazione delle esperienze di paternità e maternità, la creazione di nuovi assetti familiari, la revisione delle relazioni tra uomini e donne, l’attuazione di innovative modalità di convivenza, l’affermazione del transgenderismo, l’ingresso del multiculturalismo. Le questioni inerenti le trasformazioni identitarie, l’orientamento sessuale, l’immigrazione e le nuove forme di genitorialità costituiscono le dimensioni più emblematiche del mutamento sociale in corso. La loro crescente diffusione a livello italiano crea i presupposti affinché gli assetti sociali della tradizione coesistano con i segni di una sempre più accentuata pluralizzazione culturale (Ruspini, 2005; Ruspini e Inghilleri, 2008). 
Di fronte alle metamorfosi che connotano l’attuale periodo storico, il Sistema Giustizia viene chiamato a confrontarsi con ciò che accade nelle quotidiane interazioni tra gli individui, con l’obiettivo di creare le cornici normative atte a disciplinarle e regolamentarle. Queste stesse vicende sociali ed umane, diventando oggetto di attenzione da parte del Sistema Giustizia, in taluni frangenti richiedono l’intervento dello psicologo che operi all’interno di quel particolare settore della Psicologia che prende il nome di Psicologia Giuridica. In tale specifico contesto, l’impegno teorico e operativo dell’esperto acquista pieno significato rispetto ad una norma, che circoscrive le ragioni e gli obiettivi della sua azione professionale. Detto in altri termini, i processi personali ed interpersonali degli individui divengono oggetto di conoscenza ed intervento psicologico esclusivamente attraverso il filtro delle categorie giuridiche che ne costruiscono il senso, alla luce di una previa procedura di giustizia (Patrizi, 1996).
Ciò richiede un impegno di riflessione mirata sul rapporto esistente tra categorie giuridiche e costrutti psicologici, dal momento che lo psicologo ha a che fare con concetti che da un lato richiamano le competenze della propria disciplina, dall’altro acquistano fattualità all’interno di categorie il cui senso appartiene specificatamente al contesto giuridico. La questione è resa ancor più spinosa dal fatto che dinanzi a categorie giuridiche prive di correlati psicologici (quali ad esempio l’idoneità genitoriale, la maturità del minore, la capacità di intendere e di volere, ecc.), i nessi di raccordo tra Diritto e Psicologia vanno creati attraverso l’individuazione delle categorie scientifiche in grado di interpretare e assemblare, in termini psicologici, i significati indicati dalla norma.
Per poter rispondere ai quesiti posti dal giudice o dalle parti, lo psicologo deve quindi chiedersi quali tra le conoscenze e le strumentazioni in suo possesso possono sostenere – e fino a che punto – le categorie giuridiche espresse nei quesiti. Per riuscire nell’intento, deve essere in grado di tradurre il quesito in costrutti psicologici, applicare gli strumenti idonei a rilevarli, elaborare riflessioni significative sotto il profilo della propria disciplina di appartenenza e trasporle nei significati giuridici che costituiscono la risposta ai quesiti del contesto richiedente (Patrizi, 2002).  
Rispetto a quanto finora precisato, va rilevato come le procedure psicologiche tradizionalmente impiegate in ambito giuridico siano centrate sull’impiego di metodologie e strumenti validati in contesti socio-culturali molto più omogenei rispetto a quelli attuali. Tale peculiarità non le rende del tutto adeguate a confrontarsi con fenomeni nati all’interno di un orizzonte sociale estremamente variegato e pluralista. Il limite delle conoscenze e degli strumenti psicologici classici affiora con particolare evidenza nel caso in cui l’esperto venga chiamato a compiere accertamenti sulle nuove realtà sociali (come ad esempio l’omogenitorialità, la transgenitorialità, la richiesta di rettificazione dell’identità di genere, il danno psichico riportato da un immigrato, ecc.) creando la necessità di individuare una diversa piattaforma teorica ed operativa a partire dalla quale promuovere un modo alternativo di pensare e fare Psicologia Giuridica.
L’approfondimento delle tematiche emergenti nella società attuale costituisce, pertanto, la cornice entro cui ripensare il ruolo e l’intervento dello psicologo che si trovi ad interagire con il Sistema Giustizia. Pur non negando l’importanza e l’utilità assunte dalle procedure valutative tradizionali, in determinati frangenti l’adesione a schemi concettuali e prassi precostituite non permette di riconoscere e identificare le peculiarità che caratterizzano le vicende personali, relazionali e sociali del mondo contemporaneo. In tal senso, il contributo offerto dall’approccio costruttivista applicato all’ambito giuridico consiste nell’affrontare problemi vecchi e nuovi, integrando il classico bagaglio di derivazione clinico-psichiatrica con i concetti e gli strumenti mutuati dall'Interazionismo Simbolico (Mead, 1931; Blumer, 1969; Garfinkel, 1962, Becker, 1963; Goffman, 1963; Matza, 1969) e dal Costruttivismo (Kelly, 1955; Bateson, 1972; Maturana e Varela, 1980; Bannister e Fransella, 1986; Von Foester, 1987; Von Glasersfeld, 1988; Armezzani et al., 2003).
La sfida del costruttivismo risiede nel tentativo di addentrarsi all’interno di un terreno impervio quale quello dell’incontro dialettico tra scienze giuridiche e scienze psicologiche, allestendo un sapere psico-giuridico e una metodologia d’intervento confacente alla complessità dei fenomeni incontrati, affinché l’esperto possa cimentarsi con sufficiente competenza sia con le richieste poste dal Diritto, sia con la pluralizzazione delle realtà identitarie, familiari e sociali rispetto alle quali è chiamato a formulare il proprio parere [1].

Nota


[1] Attualmente in Italia, questo orizzonte di riflessione è sviluppato da un gruppo di Colleghi che fa riferimento al Centro Ricerche e Documentazione della Scuola Costruttivista di Padova ICP (Institute of Constructivist Psychology).

 

Riferimenti Bibliografici

2003. Maria Armezzani, Floriana Grimaldi, Luca Pezzullo, Tecniche costruttiviste per la diagnosi di personalità, McGraw-Hill, Milano.
1986. Don Bannister, Fay Fransella, L’uomo ricercatore. Introduzione alla psicologia dei costrutti personali, trad. it. Martinelli, Firenze.
1972. Gregory Bateson, Verso una ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1976.
1963. Howard S. Becker, Outsiders. Saggio di sociologia della devianza, Gruppo Abele, Torino, 2003.
1969. Herbert Blumer, La metodologia dell'interazionismo simbolico, Armando, Roma, 2006.
1982. Heinz von Förster, Sistemi che osservano, Astrolabio, Roma, 1987.
1967. Harold Garfinkel, Studies in ethnomethodology, Prentice-Hall, Englewood Cliffs, NJ.
1980. Ernst von Glasersfeld, Introduzione al costruttivismo radicale, in Paul Watzlawick (a cura di), La realtà inventata, trad. it. Feltrinelli, Milano, 1984.
1963. Erving Goffman, Stigma. Identità negata, Laterza, Bari, 1970.
1955. George Kelly, La psicologia dei costrutti personali, Raffaello Cortina, Milano, 2004.
1980. Humberto Maturana, Francisco Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Marsilio, Padova.
1964. David Matza,Come si diventa devianti, trad. it. Il Mulino, Bologna, 1976.
1934. George Herbert Mead, Mente, sé e società, Giunti Barbera, Firenze, 1966.
1996. Patrizia Patrizi, Psicologia giuridica penale. Storia, attualità e prospettive, Giuffrè, Milano.
2002. Patrizia Patrizi, La psicologia giuridica: questioni applicative, in G. De Leo, P. Patrizi, Psicologia giuridica, Il Mulino, Bologna.
2005. Elisabetta Ruspini (a cura di), Donne e uomini che cambiano. Relazioni di genere, identità sessuali e mutamento sociale, Guerini Scientifica, Milano.
2008. Elisabetta Ruspini, Marco Inghilleri, (a cura di), Transessualismo e Scienze Sociali. Identità di Genere nella Postmodernità, Liguori Editore, Napoli, in corso di stampa.